di Paolo Guenzi
Ci sono nei fatti due cose: scienza e opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza. (Ippocrate)
Solo per fare un esempio emblematico, dal quale scaturiscono peraltro numerose implicazioni gravemente preoccupanti, si stima che nel 2020 il tempo medio di attenzione degli utenti sui social network fosse di 8 secondi (contro i 12 del 2000, peraltro) e quello continuativo dedicato a leggere un articolo online fosse di 15 secondi (secondo Jacques Attali, in “Disinformati. Giornalismo e libertà nell’epoca dei social”, Ponte alle Grazie, 2022).
Informare e informarsi è impegnativo e faticoso, ed è quindi incompatibile con simili tempi. Questo è un problema, perché si tratta di attività essenziali per la democrazia e in generale per il benessere e lo sviluppo della società.
La maggior parte degli esseri umani cerca di economizzare sul consumo delle proprie risorse, è quindi naturale che persegua e apprezzi il disimpegno.
Ecco allora che nei mezzi di pseudo-informazione di massa si affermano contenuti quali sport, moda, gossip, insomma il futile prevale largamente sull’utile, l’intrattenimento sull’informazione.
Come visto, si tratta di un ingranaggio tipico del marketing dell’ignoranza. (Paolo Guenzi, “Il marketing dell’ignoranza“, Egea)