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La terza guerra è cominciata, contro di noi.

Dopo l’inflazione, provocata dall’eccessiva emissione di euro e dal conseguente aumento dei tassi d’interesse, per restringerne la circolazione, – che tanta soddisfazione ha data alle locuste della finanza -, ecco la terza guerra contro i redditi da lavoro: la folle corsa agli armamenti.

“Dobbiamo difenderci”, dice Ursula von der Leyen. In realtà, vogliono sottrarre alla spesa sociale 800 miliardi di euro, per la gioia ingorda dei costruttori di sistemi d’arma. Siamo alle solite: la pace va bene solo se permette profitti, se no meglio la guerra, come sempre.

Ancora una volta, la storia ci regala la storia di prima: ci obbligano a scavare trincee contro un nemico che non è quello che ci indicano, ma loro stessi che ce lo indicano. 

L’Europa è in stagnazione sia economica che politica, con una classe dirigente allo sbando, in balia dei rispettivi scarsi consensi elettorali, tanto incapace di gestire le contraddizioni, ne diventa parte attiva, aggravando tensioni sociali e internazionali.

 Il mito della democrazia liberale – che, incapace di gestire le tensioni sociali, un secolo fa provocò l’avvento del fascismo in Europa, sfociata nella catastrofe della guerra – torna sotto forma di pandemico bellicismo, per favorisce le spinte corporative, reazionarie, sovraniste, protezionistiche, nazionaliste.

 Il populismo antipopolare di Trump dilaga nelle cancellerie europee. Macron, Merz, Meloni e von der Leyen vorrebbero tutti essere come lui, avere mano libera per disfarsi definitivamente dello stato sociale, delle prassi costituzionali, e avere cortigiani ricchi e potenti come gli oligarchi tecnocrati della Silicon Valley e dintorni.

Vorrebbero un’Europa sul modello degli Usa, capace di spadroneggiare, prendersi le nuove risorse energetiche ovunque si trovino, come nell’era colonialista. Un’Europa imperialista, che si senta alla pari con gli altri imperi del mondo.

Lo sanno meglio di noi che non è Putin il nemico da battere: con lui basterebbe poco, basta dargli quello che gli fu promesso tanto tempo fa, cioè stare alla larga dai suoi confini, che poi è quello che rientra nella stessa logica imperiale di tutte le super potenze.

La guerra in Ucraina è stata la mela avvelenata con cui la Nato ha intossicato un’ Europa che è caduta in catalessi politica e diplomatica, il cui torpore continua a offuscarne il senso delle proporzioni: credere che l’Ucraina potesse battere la Federazione Russa è una colpa che non sarà dimenticata dalla storia; credere che Trump e Putin non facciano accordi anche senza il consenso di Bruxelles è comportarsi da Biancaneve e i 27 nani.

La verità è che il vero nemico siamo noi. Quelli che lavorano, comprano, pagano le tasse, votano. Quelli che a volte smettono di pensare come società civile e democratica, che avrebbe forte il bisogno di sanità, istruzione, previdenza, progresso culturale e scientifico, uguaglianza e redistribuzione della ricchezza; quelli che troppo spesso ancora sperano che dalla famigerata manina invisibile del libero mercato qualche briciola di ricchezza cada tra le nostre mani. 

“Dobbiamo difenderci”, dice von der Leyen. Siamo noi il nemico, e loro temono arrivi il giorno che smetteremo di credere alle fandonie del neoliberismo, alla politica della propaganda, ai trucchi finanziari, alle mistificazioni del marketing e torneremo finalmente a pensare, a ragionare, a lottare per progettare un paese, un’Europa un mondo che non abbia mai più voglia dei Trump, Macron, Merz, Meloni e von der Leyen.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

Una risposta su “La terza guerra è cominciata, contro di noi.”

La guerra è soprattutto un modo per regolare i conti con il popolo: impoverirlo per rispedirlo nell’inferno della sottomissione. Per il capitale, invece, è il paradiso. Ammassi di merci massicce, a sempre più alto peso tecno-finanziario, vendute in condizioni d’assenza di mercato, perché acquistate direttamente dagli Stati. Ossia: costringendo i popoli, attraverso tasse e spoliazione di diritti e servizi, a comprarle per arricchirli, così da impoverirsi, piegati alla condizione di essere meglio schiacciati.

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