di Donald Sassoon
Nel 2014 la Cina è diventata la patria non solo della classe media più numerosa al mondo, ma anche di una classe di milionari (in dollari), alimentando un livello di diseguaglianza comparabile a quello degli Stati Uniti.
Nel 2021, secondo le stime del Credit Suisse, il numero dei milionari (sempre in dollari) è salito a 5,3 milioni di individui, cifra che posiziona la Cina al secondo posto nel mondo dopo gli Stati Uniti, in questa speciale graduatoria.
Rimane comunque il fatto che 770 milioni di persone sono uscite dalla condizione di povertà e che la povertà estrema è stata eradicata, trasformando la Cina in una potenza high-tech “sulla buona strada per eclissare gli Stati Uniti in termini di dimensione”.
Il “Made in China” è ormai un’etichetta globale e il paese (che produce di tutto, dai microchip, ai veicoli a motore) è il maggior produttore al mondo e può vantare una rete commerciale più ampia.
Come ha sottolineato “The Economist”, delle diciannove aziende create negli ultimi venticinque anni che valgono ora più di 100 miliardi di dollari, nove sono statunitensi e otto cinesi.
L’Europa non ne ha neppure una. (Donald Sassoon, “Rivoluzioni, quando i popoli cambiano la storia”, Garzanti)
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