di Federico Fubini
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Giulio Andreotti, giovane sottosegretario alla presidenza del Consiglio, sta già intrattenendo buoni rapporti anche con il Movimento sociale italiano (Msi) fondato dai reduci di Salò.
Nell’agosto ’47 Andreotti presenta uno schema di decreto destinato alla piena riabilitazione delle «vittime» del processo di epurazione.
Solo il ministro degli Esteri Carlo Sforza, con il suo passato di antifascista e di capo dell’Alto Commissariato, non ci sta: «Coloro che prestarono servizio alle dipendenze della Repubblica di Salò vanno puniti» ricorda. «Essi tradirono l’idea dello Stato.»
Ma «nella generale euforia» scrive lo storico tedesco Woller «Sforza non trovò nessuno disposto ad ascoltarlo».
Il decreto Andreotti diventa legge il 7 febbraio 1948. […]
Ma era la visione di Einaudi (primo Presidente della Repubblica, ndr), quella di Andreotti e di molti altri che ormai aveva vinto: il modo migliore per superare il fascismo era, semplicemente, smettere di pensarci.
(Federico Fubini “L’oro e la patria”, Mondadori.)