di Sahra Wagenkncht
Nello straordinario libro di oltre mille e cinquecento pagine di Piketty dal titolo Capitale e ideologia, la cui accoglienza nelle correnti dominanti della sinistra liberale è stata piuttosto fredda, si trova un’analisi dettagliata delle trasformazioni dell’elettorato socialdemocratico, socialista e di sinistra.
Piketty ha studiato i dati sulle tendenze dell’elettorato negli Stati Uniti e in Canada, in Nuova Zelanda e in Australia, così come anche in alcuni Stati europei quali la Gran Bretagna, la Svezia, la Francia, la Germania, la Norvegia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Svizzera e la Polonia.
In tutti questi paesi apparentemente così diversi si nota un andamento sorprendentemente simile.
L’analisi getta una luce vivida e impietosa su chi si sente rappresentato dalla sinistra alla moda nelle sue diverse sfaccettature e chi no.
Secondo Piketty ci sono due gruppi che votavano i partiti di sinistra negli anni Cinquanta e Sessanta e che hanno smesso di farlo nei decenni tra il 1990 e il 2020.
Uno è quello degli operai delle industrie, l’altro quello dei semplici impiegati pubblici, che dagli anni Novanta sono spesso ex operai o i loro figli.
Non fa differenza che si tratti dell’SPD, dei laburisti, dei socialisti francesi o dei democratici negli Stati Uniti: la sinistra tradizionale parlava e raggiungeva soprattutto gli elettori con stipendi più bassi e cultura inferiore e li faceva sentire rappresentati. (Sahra Wagenkncht, “Contro la sinistra neoliberale”, Fazi Editore.)