di Samah Jabr (*)
“La chiamata alla solidarietà con il popolo palestinese è radicata nell’amore rivoluzionario.
È reciproca. anche se le mani dei palestinesi sono legate e non possono estenderle ai nostri compagni nello stesso modo in cui loro lo fanno con noi.
Da decenni i palestinesi sono immersi nelle difficoltà personali e collettive, le nostre vite sono soggette a controllo e scrutinio costanti. Eppure, in questa oscurità, la sensazione di essere connessi a una comunità umana più ampia non è scomparsa.
Ricordo diverse occasioni in cui gli impiegati pubblici palestinesi hanno donato una piccola quantità del loro stipendio ai rifugiati siriani.
Analogamente i palestinesi hanno dimostrato solidarietà con il popolo turco che ha perso la vita proteggendo la democrazia., nel 2016, manifestando a sostengo del popolo Robinia a Burma, egualmente oppresso.
A Gaza ho assistito a raccolte fondi per sostenere i sopravvissuti ai terremoti in Turchia e in Siria, oltre che per le vittime delle inondazioni in Libia. Medici, psicologi e psicoterapeuti palestinesi hanno a loro volta preso parte a missioni di sostegno in diverse aree di crisi a livello mondiale.
Si tratta di una testimonianza della forza dell’amore rivoluzionario che i palestinesi continuano a nutrire, incentivando connessioni con comunità indigene, nere e marginalizzate. […]
Il sostegno alla lotta palestinese implica il riconoscimento e l’affermazione dell’umanità di un popolo che è stato troppo a lungo de-umanizzato.
I palestinesi si trovano al vertice di uno scontro di civiltà, sfidando non solo Israele bensì un ordine mondiale unipolare e deforme, in cui la dignità i i diritti umani sono divisi in maniera iniqua.
Questo mondo deforme ci propone dei confini ambigui e illusori tra Occidente e Oriente, tra Nord globale e Sud globale. In questo mondiale corrotto dall’occupazione israeliana che ci toglie l’aria è considerata molto europea, occidentale e civilizzata, mentre noi veniamo rappresentati come selvaggi barbari e de-umanizzati.
Non dovremmo essere soli in questa lotta. Un mondo che afferma di provare rimorso per la schiavitù dei neri e lo sterminio degli indigeni durante la conquista di. nuovi continenti dovrebbe mostrare solidarietà ai palestinesi.
L’amore rivoluzionario è vedere i vostri antenati nei nostri occhi, sentire le loro voci nelle nostre grida.
L’amore rivoluzionario significa comprendere che il dolore dei palestinesi è universale e che i nostri sogni sono legittimi e umani. È il riconoscimento del nostro diritto di spingere via il grosso macigno che pesa sul nostro petto, per tornare a respirare e a entrare in connessione come pari. […]
Abbracciando l’amore rivoluzionario dichiariamo che la lotta per porre fine all’occupazione della Palestina è una lotta ispirata dall’amore per l’umanità, non dall’odio – contrariamente a ciò che viene falsamente sostenuto dai nostri avversari.
È una richiesta di azione che incita le persone del mondo a unirsi non come osservatori passivi, ma come partecipanti attivi nella lotta per la giustizia”. (“Un mondo senza confini”: l’amore rivoluzionario”, 16 luglio 2024).
(*) Samah Jabr, nata nel 1976 a Gerusalemme Est, è psichiatra, scrittrice e assistente alla George Washington University. Dirige l’unità di salute mentale del Ministero della sanità palestinese.