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C’era una volta la Guerra Fredda, che in Corea divenne sanguinosa. La propaganda anticomunista made in USA ha tenuto nascosti gli episodi più efferati. Han Kang, scrittrice e poetessa premio Nobel per la Letteratura 2024, ci svela la ferocia delle stragi di quegli anni, che sembrano esattamente come quelle di oggi.

“Quell’anno, solo nella regione del Gyeongbuk, sono stati uccisi circa diecimila membri della Lega Bodo. E in tutta la Corea i morti sono stati almeno centomila, lo sai, vero?”

Annuisco, dicendomi: Non erano di più?

Conosco quell’organizzazione. Dopo la costituzione del governo, nel 1948, chiunque fosse stato schedato come simpatizzante di sinistra veniva iscritto alla Lega Bodo per essere rieducato.

Bastava che chiunque avesse anche solo assistito a un raduno politico, perché tutti i membri della sua famiglia finissero nelle liste.

C’erano anche molte persone iscritte arbitrariamente dai rappresentanti di quartiere o di villaggio per rispettare le quote stabilite dal governo, e altre che entravano a far parte di propria volontà dietro la promessa di riso e fertilizzanti.

Venivano registrati interi nuclei familiari per volta, inclusi donne, anziani e bambini.

Quando era scoppiata la guerra, nell’estate del 1950, sulla base di quelle liste erano state messe agli arresti preventivi e poi giustiziate innumerevoli persone.

Si stima che in tutto il paese ne fossero state uccise e seppellite in gran segreto tra le duecentomila e le trecentomila”. (Han Kang, “Non dico addio”, Adelphi.)

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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