di Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’occidente”, Fazi Editore 2024.
“Uno degli affetti della crisi del 2007-2008 è stato che chi ha davvero i soldi ha perso fiducia nella moneta unica.
Tra il giugno 2008 e il febbraio 2022 (inizio della guerra in Ucraina), l’euro ha infatti perduto il 25 per cento del suo valore rispetto al dollaro.
I veri ricchi hanno quindi preferito accumulare in dollari piuttosto che in euro.
Perciò la causalità è circolare, poiché è la conversione dei patrimoni dei ricchi in dollari ciò che sostiene il valore del dollaro.
I paradisi fiscali hanno svolto un ruolo fondamentale nel mettere in moto un simile meccanismo.
Risulta istruttivo l’elenco più recente dei ‘paesi e territori che non cooperano a fini fiscali’, pubblicato il 21 febbraio 2023 sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ dell’UE.
Sebbene vi sia inclusa la Federazione Russa, il resto dell’elenco si limita a entità soggette, a vario grado, alla giurisdizione statunitense:
-direttamente, come le Isole Vergini Americane, Guam e le Samoa Americane;
-in modo meno diretto, come Palau e le Isole Marshall;
-tramite la Gran Bretagna o le sue ex colonie, come le Isole Vergini Britanniche, Anguilla, le isole Turks e Caicos, le Bahamas, Trinidad e Tobago, le Figi, Vanuatu e le Samoa;
-anche la Costa Rica e Panama, pur non essendo formalmente americani, sono in mano agli Stati Uniti.
Come si può vedere, lo sviluppo di questo sistema deve molto al Regno Unito e alle sue dipendenze più o meno emancipate, ma il controllo finale è decisamente americano”.