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Molinari, te ne vai o no, te ne vai sì o no.

Maurizio Molinari, ex direttore di Repubblica.

Maurizio Molinari imperversa su Repubblica, nonostante non sia più alla direzione, oggi il giornale pubblica il suo editoriale.

Un peana al sionismo, senza un briciolo di terzietà, che dovrebbe connaturare il ruolo di un grande giornale. Non si capisce perché il nuovo direttore non abbia salutato i lettori, il Cdr non abbia espresso il suo gradimento: il cambio della guardia alla direzione di Repubblica è uno dei misteri della Repubblica.

Tornando ai contenuti dell’editoriale di Molinari, si nota un certo sporchino intellettuale, soprattutto da parte di chi ha avuto la presunzione di firmare almeno un paio di saggi sulle questioni geopolitiche che riguardano il Mediterraneo.

Il sospetto, più che comprensibile, è che il pezzo di oggi voglia fare da copertura ideologica alla minacciata e imminente rappresaglia minacciata contro l’Iran da parte di Netanyahu. Continuare la solfa propagandistica secondo cui criticare Israele sarebbe antisemitismo è accendere un candelotto fumogeno sulle vere ragioni del bellicismo spasmodico del premier israeliano.

Gillas Kepel, importante studioso del Medio Oriente.

“L’opposizione di Netanyahu (a ogni proposta di cessate il fuoco, ndr) è un’ostacolo solo finché rimarrà al potere, il che dipende dal fatto che l’operazione armata a Gaza continui o si concluda.

Se gli ostaggi sopravvissuti saranno liberati e la guerra finirà, in Israele si terranno le elezioni, le cui probabilità di successo per lui sono scarse.

Ma la cancellazione di questa ipoteca, se mai avverrà, lascerà intatta quella di Gaza, con le sue infrastrutture distrutte e l’85 per cento della sua popolazione sfollata nella zona di confine del Sinai egiziano intorno a Rafah, e sprofondata in una stato di indigenza e di stress sanitario e alimentare catastrofico”.

Questo scrive Gilles Kepel in “Olocausti” (traduzione dal francese di Lorenzo Alunni, per Feltrinelli, settembre 2024). Tesi avvalorata dall’attacco contro il Libano, evento successivo alla pubblicazione di questo saggio, che conferma la brama di guerra di Netanyahu, unica chance di non perdere i potere e finire in galera per corruzione.

Quanto a Maurizio Molinari, che ha perduto il posto prestigioso che aveva a Repubblica, perché ha perduto copie e credibilità da parte della redazione, e si ostina a fare il megafono della propaganda del Likud, è bene se ne faccia una ragione: da tempo ha ormai perso ogni credibilità anche, e soprattuto, agli occhi dei lettori.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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