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Attualità

Genocidio.

“Il termine ‘genocidio’, oggetto della controversia davanti alla Corte internazionale di giustizia, è un neologismo coniato nel 1943 da Raphael Lemkin (1900-1959), giurista ebreo polacco formatosi a Lemberg (oggi Leopoli, in Ucraina), capitale della Galizia, poi naturalizzato americano.

Iniziò studiando il massacro e la deportazione di armeni e assiri nell’impero ottomano nel 1915.

Fu profondamente colpito dal processo a Berlino nel 1921 del giovane armeno che uccise Talat Pascià, ex ministro di Istanbul, nella capitale tedesca e dichiarò di voler vendicare il massacro della sua famiglia a Erzurum, la sua città natale.

Secondo Lamkin, che ne 1915 aveva diciotto anni, Talat Pascià era ‘il criminale più spaventoso’, in quanto era uno dei principali responsabili dello sterminio di ‘1,2 milioni di armeni uccisi per il crimine di essere cristiani’.

L’imputato fu assolto, ma i giuristi di Lemberg discussero all’infinito sulla norme giuridiche applicabili al suo caso.

Nominato successivamente procuratore in Polonia, Lemkin dovette riparare nel Stati Uniti per sfuggire al nazismo e fu lì che nel 1943 coniò il termine ‘genocidio’, definito come l’intenzione seguita dalla sua attuazione, di cancellare uccidendo (-‘cidio’) un genos.

Questo termine greco, che significa ‘nascita’ o ‘razza’ e si riferisce a una popolazione in relazione a un ‘gene’ o eredità comuni, nell’uso giuridico contemporaneo è diventato un ‘gruppo umano’.

La sua distruzione comporta non solo l’uccisione dei suoi membri, ma anche il desiderio degli sterminatori di liquidare l’identità socio-culturale del ‘gruppo’ in questione, la sua lingua, la sua religione, e di sradicarlo dal suo territorio ancestrale.

In ogni caso, al processo di Norimberga del 1947, in cui comparvero, furono condannati e giustiziati vari gerarchi nazisti, il concetto di ‘crimine contro l’umanità’ – anch’esso ideato da un giurista ebreo della Galizia, Hersch Lauterpacht (1897-1960), che in seguito diventerà cittadino britannico naturalizzato e sarà uno dei primo giudici della Corte internazionale di giustizia – fu preferito a quello di ‘genocidio’.

La controversia, caduta nell’oblio negli anni venti tra i due giuristi laureati alla Facoltà di Leopoli e le cui rispettive famiglie furono sterminate dalla Shoah, ha assunto una straordinaria attualità con il ricorso del Sudafrica contro Israele alla Corte internazionale di giustizia nel gennaio 2024″. (“Olocausti”, Gilles Kepel, Feltrinelli).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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