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Il caffè.

“Voglio l’odore del caffè. Voglio cinque minuti. Voglio cinque minuti di tregua per un caffè.

Chiedo solo di poter preparare una tazza di caffè. Quest’ossessione mi fornisce un compito, mi dà uno scopo.

Tutti i miei sensi insorgono in un’unica invocazione, assetati si protendono verso un unico obiettivo: il caffè.

Il caffè, per chi lo ama come lo amo io, è la chiave del giorno. Il caffè, per chi se ne intende come me ne intendo io, bisogna prepararlo con le proprie mani, non permettere che ci arrivi posato su un vassoio.

Chi ti porta il vassoio, infatti, porta anche parole, e le prime parole guastano il primo caffè, che ha da essere, invece, virginale, figlio di un silenzioso mattino.

L’alba – intendo dire la mia alba – è antinomia delle parole. L’odore del caffè si imbeve di voci, può essere sciupato anche solo da un saluto gentile, da un semplice “buongiorno”.

Il caffè, dunque, è un silenzio d’alba, il ponderato silenzio del primo mattino, l’unico in cui tu, pigro e solitario, nuovamente riappacificato con gli uomini e con le cose, stai, da solo, davanti all’acqua che ti sei scelto.

La versi piano piano nel piccolo recipiente di rame dai riflessi ambrati e arcani, di un giallo dorato che tende al marrone, poi posi il tutto su un fuoco basso. Ah, fosse fuoco di legna.” (da “Una trilogia palestinese” di Mahmud Darwish, Elisabetta Bartuli, Ramona Ciucani)

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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