“Il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare assieme al mondo”, ha dietto Barack Obama. Il fascino che è venuto creandosi attorno alla sua ascesa alla Casa Bianca lascia intendere la voglia di essere immersi in un panorama di innovazioni che potrebbe trasformanre la nostra vita quotidiana e, contemporaneamente, la società globale.
A cominciare dalla comunicazione. La logica della partecipazione e della condivisione dei contenuti dovrebbe essere resa possibile su vasta scala, come ha dimostrato la campagna elettorale di Obama. E’ un fatto nuovo. Nessuna organizzazione o azienda può pensare di restare fuori da queste sfide. Ma stare al passo con i tempi non è così semplice come può sembrare. Secondo Alberto Abruzzese, direttore dell’Istituto di Comunicazione Università Iulm e prorettore dell’ateneo, Obama si è distinto non per l’uso esclusivo dei social media, bensì per aver messo in atto una comunicazione politica basata su un adeguato mix di media innovativi e classici. A differenza dei suoi principali competitor, la Clinton prima e McCain poi, che hanno condotto la loro campagna seguendo schemi molto più tradizionalistici.
In realtà, Barak Obama è stato lungimirante e si è appropriato con successo del territorio simbolico e valoriale della parola chiave ‘change’, ha fatto leva sulle emozioni profonde degli elettori, spingendoli a diventare soggetti attivi e interattivi di un progetto. Ed ha anche ottenuto la partecipazione spontanea di artisti e designer che hanno realizzato per lui magliette, poster e video di alta qualità.
In altre parole, Obama si è trasformato in un simbolo, ma anche in un logo, un brand, che trasmette un messaggio fortissimo: la speranza nel cambiamento.
In Italia, ad esempio, durante l’ultima campagna elettorale il Pd ha tentato di fare propria questa strategia, ma invece di comprendere la forza del concetto “change”, ha fatto proprio “yes, we can”, tradotto in “si può fare”. Un equivoco, più che un errore: è suonato nelle orecchie degli elettori come una affermazione autoreferenziale, ego riferita alla nascita delPd e non un nuovo progetto di paese cui partecipare con entusiasmo. Il risultato di queste equivoco non è solo nelle urne elettorali, ma è diventata un fatto politico. Oggi in Italia nessuno pensa che il Pd sia stata una vera innovazione, né che Veltroni ne sia il simbolo.
D’altra parte, i discorsi di Obama hanno incarnato il desiderio di cambiamento americano, e i prodotti audiovisivi a lui riconducibili si sono distinti per un’elevata qualità sia della grafica sia del contenuto.
Senza contare l’uso sapiente e consapevole dei social media: i progetti web di Obama hanno avuto la forza di incoraggiare le persone a diventare, esse stesse, parte del cambiamento, innescando meccanismi di condivisione e partecipazione che hanno portato i sostenitori di Obama a usare i social network in piena autonomia per incontrarsi e organizzare sia eventi sia raccolte fondi.
Un’esperienza vincente come quella di Obama insegna che il web non è un semplice spazio virtuale dove sparare messaggi, per entrare nel mondo dei new media non basta mettere un banner su qualche sito o aprire un blog, perché su Internet non basta esserci, bisogna esserne parte: occorre diventare un nodo, un anello, della Rete stessa. Anzi, bisogna saper essere il bandolo della matassa della rete stessa. Beh, buona giornata.