“Il nepotismo era una caratteristica riconosciuta dal governo pontificio, al punto che l’ambizioso nipote di un cardinale papabile ricorse nel 1635 alla stregoneria per tentare di togliere di mezzo Urbano VIII e assicurarsi la propria fortuna.
Essendo tanto aspre le gelosie, è comprensibile che i pontefici scegliessero come più intimi consiglieri i parenti stretti.
Per di più, prosperità e condizione sociale procedevano di pari passo, e l’arricchimento della famiglia del papa era considerato inevitabile, se non addirittura desiderabile.
In effetti la condizione sociale di ognuno era talmente precaria a causa dei frequenti avvicendamenti di potere che solo una grande ricchezza personale poteva costituire una sicura garanzia per coloro che si accingevano a occupare una carica.
Inoltre non si faceva distinzione fra il tesoro pontificio e gli introiti personali di ciascun di ciascun papa.
Ma, pur ammettendo tutto ciò, Urbano VIII fu universalmente rimproverato da contemporanei e successori di aver travalicato ogni limite ragionevole”. (“Mecenati e pittori”, Francis Haskell, Einaudi).
