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Attualità

Se l’Europa va alla guerra, vado alle urne per non votarvi.

Sono nato dieci anni dopo la fine della Seconda Guerra.

Le storie, i racconti, le memorie, le stesse sfumature nelle interpretazione di quegli anni terribili, confrontate con lo studio della Storia, hanno impresso una forte impronta nella mia formazione politica, sociale, culturale.

So che anche certi sostantivi, verbi e avverbi, aggettivi, che vengono inavvertitamente pronunciati in campagna elettorale, sanno di polvere da sparo, significano morte, distruzione, nazionalismo, suprematismo, sudditanza a logiche imperiali.

Il mio dovere civico è non andare a votare per un Parlamento europeo i cui rappresentanti si sentano autorizzati a scaraventare 447 milioni di cittadini europei nel baratro di una guerra nucleare.

Mio nonno fu costretto alla carneficina della Prima guerra, mio padre fu implicato nelle conseguenze della Seconda, la mia generazione è stata coinvolta nella Guerra Fredda e nelle stragi di stato.

Sono padre di due donne, sono nonno di tre bambini. Che hanno il sacrosanto diritto di sapere che esiste chi dice no.

Scrive Riccardo Tavani:

“…si dovrebbe comunque andare a votare, magari solo scheda bianca, nulla, o per una lista pacifista che si preveda non arrivi al 4%.

Abbassandosi il numero votanti, i “resti” se li becca soprattutto il partito più votato, ossia Giorgia, finendo così di favorirla.”

Sono d’accordo, credo si un comportamento militante.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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