Venere di Urbino, di Tiziano Vecellio, databile nel 1538, olio su tela, 119×165 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze.
“Entrate [agli Uffizi] e procedete verso la piccola galleria più visitata che esista al mondo – la Tribuna – e lì, contro la parete, senza uno straccio o una foglia che la nasconda, potete guardare a sazietà il quadro più sporco, spregevole, e osceno che esista al mondo – la Venere di Tiziano.
Non è per il fatto che è nuda e stesa sul letto, no, è l’atteggiamento di una delle braccia e della mano.
Se mi avventurassi a descrivere quell’atteggiamento, ci sarebbe proprio un bell’urlo di addolorata indignazione – ma ecco la Venere a giacere, che tutti possano divorarsela con gli occhi a loro piacimento – e ha diritto di starci, perché è un’opera d’arte, e l’arte, si sa, ha i suoi privilegi.
Tiziano (Pieve di Cadore, 1488/1490-Venezia, 27 agosto 1576.
Ho visto una ragazzina lanciarle occhiate furtive; ho visto dei giovanotti fissarla a lungo e assortamente, ho visto vecchi infermi afferrarsi alle sue grazie con interesse patetico.
Come mi piacerebbe descriverla – solo per vedere quanta sacrosanta indignazione potrei sollevare nel mondo […] e tuttavia il mondo è disposto a lasciar guardare ai suoi figli e alle sue figlie la bestia di Tiziano, ma non ne accetterà mai la descrizione verbale […]
Ci sono dipinti di donne nude che non suggeriscono pensieri impuri – ne sono ben consapevole. Non sto inveendo contro di loro.
Mark Twain, pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens (1835-1910), è stato scrittore, umorista, aforisma e docente statunitense.
Quello che sto cercando di mettere in rilievo è il fatto che la Venere di Tiziano è assai lungi dall’essere una di quelle.
Non c’è dubbio che fu dipinta per un bagno e forse venne rifiutata perché era un tantino troppo piccante. A dire il vero, è un tantino troppo piccante per qualsiasi posto, che non sia una pubblica galleria d’arte”. (Mark Twain, A Tramp Abroad, 1880 in “Il potere delle immagini”, David Freedberg, Einaudi)