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Attualità

“Come si presentano, nella storia, i contrari che diventano complementari?”

“L’ultima volta che sono stato nel Mausoleo di Lenin, a Mosca, era il novembre dell’85.

Fuori la temperatura era di 11 gradi sotto zero. Dentro, ho contemplato il volto della storia.

Il cadavere imbalsamato d’uno dei miti più duraturi del nostro secolo aveva la pelle di una bambola di celluloide con l’eczema.

Dietro di lui, lapidi e tombe pêle-mêle. Stalin accanto a Kamenev, la sua vittima riabilitata; Zhdanov accanto a Gor’kij, che nel ’36 aveva fatto avvelenare.

I miei attori, in quei giorni, nei paesi di un’Europa governata dalle ansie della guerra fredda e solcata da un Muro insormontabile, rappresentavano Il vangelo di Oxyrhincus: un ebreo hassid si aggirava danzando in cerca del Messia, e incontrava popoli che il proprio Messia l’avevano già trovato.

In quello spettacolo, tutti i valori si mischiavano e impazzivano sotto gli occhi del piccolo sarto Zusha Mal’ak.

Grandi ideali luminosi generavano notti d’assassini; l’estasi e la fede erano la nuova terra da cui cresceva la ferocia; la vittima immolata sulla croce diveniva bandiera di guerra.

Tutti i contrari si rovesciavano – fra il sangue – nel loro aspetto complementare.

Perché a differenza di ciò che accade nella materia sottile e nell’arte, è in maniera sanguinaria che nel mondo degli uomini i contrari si abbracciano.” (da “Teatro. Solitudine, mestiere e rivolta” di Eugenio Barba).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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