“Nella Banalità del male, Hannah Arendt offrì una descrizione precisa di questa giravolta che gli esecutori nazisti compivano per poter sopportare le orribili azioni che perpetravano.
I più fra loro non erano semplicemente malvagi; sapevano bene che le cose che facevano recavano umiliazione, sofferenza e morte alle loro vittime.
La via di fuga dal loro imbarazzo era dunque che «invece di pensare: che cose orribili faccio al mio prossimo!, gli assassini pensavano: che orribili cose devo vedere nell’adempimento dei miei doveri, che compito terribile grava sulle mie spalle!»
In questo modo, erano in grado di mettere sottosopra la logica del resistere alla tentazione, tentazione che era proprio quella di soccombere a una pietà e a una solidarietà fondamentali in presenza di un essere umano che soffre; il loro sforzo «etico», insomma, era rivolto al compito di resistere a questa tentazione di non umiliare, non torturare, non assassinare.
La mia violazione degli spontanei istinti etici di pietà e compassione è trasformata allora nella prova della mia elevatezza etica: per compiere il mio dovere, sono pronto a caricarmi del gravame di infliggere sofferenze agli altri.” (da “Leggere Lacan: Guida perversa al vivere contemporaneo” di Slavoj Žižek).