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Stavolta l’importante è chi perde le elezioni.


“Altrimenti la nuova compagine governativa dovrà fare finta di cambiare ciò che è semplicemente obbligata a continuare, con maggiore diligenza verso i mercati. E questo creerà una rottura irreversibile con il loro consenso elettorale.

Le linee-guida del programma del governo in Italia sono quelle dell’ultimo intervento di Draghi in Parlamento. Compreso lo sprezzante giudizio sui partiti, giudizio largamente condiviso dai mercati, dalla Bce e nella Ue, basterebbe dare un’occhiata all’ultimo numero di The Economist.

L’agenda del governo è bloccata fino al 2026, la data entro la quale sarà in vigore il Next generation Eu (NGEu) che da noi si chiama Pnrr, in cui le due erre significano “rigido rispetto” del patti, che Draghi garantiva.

Dunque, saper governare nei prossimi anni significherà fare esattamente quello che viene richiesto dalla Ue per ottenere le rate e saper spendere e rendi-contare quei soldi.

E qui casca l’asino: nessuno dei presunti vincitori delle prossime elezioni è affidabile, tenendo conto che i debiti del NGEu sono, per la prima volta, stati collocati tutti insieme sul mercato finanziario.

Nessuno compra titoli se non si fida, e se non si fida se ne libera, e questo fa crollare il valore dei bond.

Per dirla tutta, la straordinaria anomalia delle prossime elezioni italiane non risiede su chi vincerà la competizione elettorale, ma su chi la perderà.

Se perde il centrodestra, il Pnrr continuerà a essere la stella polare del governo.

Altrimenti la nuova compagine governativa dovrà fare finta di cambiare ciò che è semplicemente obbligata a continuare, con maggiore diligenza verso i mercati. E questo creerà una rottura irreversibile con il loro consenso elettorale.

L’aumento del costo del denaro e lo scudo anti spread, condizionato a un sano rapporto pil-deficit dicono chiaro che i falchi del rigore in Europa cominceranno a sventolare minacciosamente il nostro debito pubblico, ormai oltre il 150% del Pil, come la Grecia ai tempi della Troika, e a controllare puntigliosamente il varo delle riforme, col risultato di ritardare il versamento delle rate e ad accelerare i tempi del rientro delle somme relative alla quota di versamenti in debito.

Mentre l’inflazione sorvola, come un’avvoltoio, i nostri redditi, le prime mosse in campagna elettorale sono tutte nel segno della solita stucchevole pantomima delle promesse irrealizzabili. La qual cosa comincia già a suonare come conferma delle preoccupazioni europee.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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