di Giulietto Chiesa – Megachip.info
Non si può risalire alle cause, alle responsabilità più lontane. non adesso, mentre la gente, i bambini, muoiono a Gaza. Ma io vorrei risalire la corrente della logica, vorrei riportare le parole al loro significato, che invece cambia e si scolora mentre le ripetiamo.
Dal 27 dicembre (in verità da molto più tempo) siamo sommersi da quasi-dogmi sui quali la nostra lingua s’inceppa.
«Israele ha diritto alla sua esistenza», leggiamo ogni giorno, sentiamo da ogni tribuna. Poi guardiamo le tremende immagini della sua potenza militare, i suoi F-16, i cannoni, gli elicotteri, i carri armati. Facciamo il conto della strage che hanno già fatto: oltre 1000 morti, 4000 feriti di cui 400 gravi o gravissimi. Un terzo sono bambini, la maggior parte sono civili. Dall’altra parte, da quelli che rivendicano il loro diritto all’esistenza e che vogliono essere protetti, non più di dieci vittime.
Triste contabilità, ma inevitabile, perché è la trave nell’occhio che mostra il divario tra Davide e Golia. Solo che Davide è il popolo palestinese. Ma allora chi è che ha «il diritto alla sua esistenza»?
Davvero c’è qualcuno che pensa che la gente di Gaza può minacciare la falange possente dei protettori di Israele, il cui principale è niente meno che l’America? Chi può credere, davvero, che l’esistenza di Israele sia minacciata? La lingua diventa di legno, o dovrebbe, a chi ripete queste parole.
Leggo, ad ogni passo, che Hamas “ha rotto la tregua”, e per questo è stata punita. Ma quale tregua? Non c’è mai stata nessuna “tregua”. Chi l’avrebbe negoziata, visto che Israele non ha mai voluto trattare con Hamas e viceversa? La verità è che Hamas aveva interrotto nel luglio, unilateralmente, il lancio dei suoi Kassam, nonostante il fatto che da 18 mesi Gaza fosse sottoposta da un blocco pressoché totale, oltre che illegale.
Poi la parentesi di calma si è interrotta. Chi ha le prove delle responsabilità? Nessuno, ma tutti dicono che è Hamas. Quindi, poiché Hamas sono i cattivi, devono essere puniti. I 300 bambini trucidati sono sufficienti, o ce ne vogliono altri 300? O, come si chiede Thomas Friedman su «International Herald Tribune» (14 gennaio), qual è lo scopo di Israele: «sradicare Hamas o rieducarla?».
A colpi di mille morti a lezione.
Leggo che Tsahal, l’esercito di Israele, ha fatto migliaia di telefonate a Gaza. Dicono: andate via della vostra casa perché la bombarderemo. Grazie per l’avvertimento. Ma dove andare? Gaza si chiama striscia perché è un fazzoletto di terra. E Hamas è il vincitore delle uniche elezioni democratiche di Palestina. Quanti devono essere puniti per avere votato Hamas? Ovvio: la maggioranza. Questa sì che è democrazia! Comunque dove cadono le bombe? Dal numero e dalla qualità dei morti si direbbe che cadono dove si vuole che cadano.
Sessantuno anni fa, nel 1948, quando i “filistei” erano solo la metà di quelli di oggi, sullo stesso territorio, e Al Fatah, e Hamas, erano ancora di là da venire, Ben Gurion diceva allo Stato Maggiore Generale: «Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca dei beni, il taglio di tutti i servizi sociali per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba». Non c’erano colpevoli o innocenti da distinguere. E’ accaduto sistematicamente in questi anni, adesso sta accadendo di nuovo, sotto i nostri occhi. Ma noi abbiamo perduto le parole per descriverlo.
Le parole più chiare le disse invece Sharon di fronte al parlamento di Tel Aviv il 4 marzo 2002, ma nessuno sembra ricordarsele: «I palestinesi devono soffrir ancora molto di più, fino a che si rendano conto che non otterranno niente con il terrorismo. Se non si rendono conto di essere stati vinti noi non potremo tornare al tavolo del negoziato».
Qui non si parla di Hamas, si dice “palestinesi”. I “palestinesi” hanno votato Hamas proprio perché Israele ha spiegato loro, in questi sessantuno anni, che per altra via non possono ottenere nulla. (Beh, buona giornata).