
Sembrerebbe che la soluzione di ogni problema che si presenta davanti alla nostra attenzione sia cercare il colpevole. Le cause del problema e le conseguenze di una possibile soluzione non interessano. Ci vuole un colpevole, a ogni costo, da sbattere in apertura del tg, nell’occhiello di un titolo, in una dichiarazione politica, nel promo di un talk, in un post.
Un colpevole, il mio regno per un colpevole! Contro cui scagliarsi con retorico vigore, violenza verbale e vile compiacenza, con facile e sadico cinismo. L’odio bieco, cieco, implacabile contro le persone, costrette a furor di popolo sul banco degli imputati di un processo alle intenzioni, impedisce volutamente di comprendere i rimedi. È il trionfo dell’ingiustizia sommaria.
Viviamo nelle caverne del risentimento, la vendetta verbale è la nuova clava, utile strumento del nuovo primitivismo dell’informazione e della propaganda politica.
L’immigrazione? È colpa degli immigrati. La disoccupazione? È colpa dei cassaintegrati. Lo stupro? È sempre colpa della donna. Il Covid? È colpa dei cinesi. L’inquinamento? È colpa dei maleducati. La povertà? È colpa dei poveri.
E se provi a dire che forse la soluzione ha bisogno di essere cercata, analizzata e sperimentata, la risposta è pronta, rapida e lapidaria: “il problema è un altro”. E così diventi subito tu un nuovo colpevole, uno di quelli che non vogliono capire di chi è la colpa. Che è colpa di gente come te se le cose vanno male.