Ho conosciuto Enzo Golino per colpa di Annamaria Testa.
Un giorno ricevetti una telefonata: un giovane aspirante copywriter, spendendo il nome di Annamaria Testa, mi chiedeva un colloquio. A quei tempi ero direttore creativo in Gddl, l’agenzia che Giorgio De Luca aveva aperto con Claudia Pompilj in una villa dell’Eur.
Fu così che conobbi Andrea Golino, figlio di Enzo, un giovanotto pieno di verve ed energie che cominciò il training per preparare un book da copywriter, cosa che non portò mai a termine. Entrava e usciva da questo o quel programma tv e non aveva il tempo per la concentrazione necessaria a scrivere un titolo, un testo, uno slogan.
In verità, Andrea – col quale poi stringemmo amicizia – era venuto da me perché Enzo pensava fosse il lavoro giusto per un giovane pieno di inventiva e voglia di fare, e per questo si era rivolto ad Annamaria, credo. Se lei non avesse mandato Andrea da me, io non avrei conosciuto Enzo. Fatto sta che dopo qualche esercizio, la cosa finì lì. Ma non la persona, che incontrai un giorno d’agosto tra gli ombrelloni dell’Ultima spiaggia di Capalbio.
E fu così che conobbi suo padre, Enzo, appunto, che mi interrogò, con garbo e la pacatezza che lo caratterizzava, sulle attitudini del figliolo. Oggi Andrea è uno chef, dunque ha trovato la sua personale via maestra alla creatività. Gli incontri con Enzo tra gli ombrelloni di quella spiaggia divennero negli anni una nostra consuetudine, che Enzo conduceva con curiosità del mio mondo, quello della pubblicità, e io del suo, quello del Gruppo Espresso.
Non ci siamo mai incontrati fuori da questo contesto: le mie vacanze a Capalbio erano dedicate, in esclusiva, a Elettra, mia figlia, senza deroghe mondane. Nelle nostre conversazioni c’erano libri, film, cultura e politica, informazione e comunicazione.
Parlavamo per ascoltarci, come fra amici di vecchia data, la sua più vecchia della mia.
Tra Enzo Golino e me c’è sempre stato un convitato di pietra, Emanuele Pirella. Enzo fu per un periodo il vicedirettore dell’Espresso, testata che è stata cliente storico di tutte le agenzie di pubblicità di Pirella, che, tra l’altro, nel periodo in cui parlavo con Enzo, teneva, proprio sul settimanale, una rubrica di critica televisiva che gli valse il Premio Flaiano, oltre che scrivere la storica striscia settimanale su Repubblica, con Pericoli.
Al termine delle nostre conversazioni, sotto l’ombrellone, “Salutami tanto Emanuele”, è sempre stato il suo commiato. Buon viaggio. Stavolta, caro Enzo, tocca a te salutarmi tanto Emanuele.