In cinque domande, il perché dello sciopero del 5 dicembre, che il Prefetto di Roma ha differito ad altra data.
Roberto Cortese guida gli autobus a Roma, è impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori del trasporto pubblico, è un dirigente dell’Usb, il sindacato di base che a Roma è capace di avere altissimi livelli di adesione agli scioperi. È sposato, ha due figlie di 29 e 22 anni. La famiglia Cortese vive a Castel Madama, un comune di 7.500 abitanti lungo la valle dell’Aniene. Per andare a lavorare al deposito dell’Atac dove è in forza, Roberto Cortese prende tre mezzi pubblici: una corriera, la metropolitana e un autobus che infine lo porta al suo luogo di lavoro, il Deposito di Portonaccio, sulla Tiburtina. Da lì ogni giorno prende servizio su un autobus come autista. A fine turno, percorso inverso: autobus, metro, corriera. E’ un uomo gentile, sorridente, con un delizioso accento regionale. E’ come se il cognome gli si addicesse alla perfezione. Cortese è a tutti gli effetti un dipendente e contemporaneamente un passeggero di mezzi pubblici.
D. Cortese, lo sciopero del 5 dicembre è stato precettato. Cioè, il Prefetto di Roma, la dottoressa Basilone, ne ha ordinato il differimento ad altra data. Un sindacato che riesce a organizzare scioperi con alto consenso nella categoria viene indicato all’opinione pubblica come un pericolo per i cittadini. Come mai?
R. La precettazione è solo propaganda. La situazione politica generale del Paese esprime sempre più spesso l’idea che lo sciopero sia uno strumento di comodo per fannulloni, un pericolo per il servizio ai cittadini, addirittura un sabotaggio contro le amministrazioni comunali. Siamo di fronte a un attacco frontale a un diritto dei lavoratori: lo sciopero è uno strumento di difesa legittimo, costituzionalmente garantito. Nel trasporto pubblico, inoltre, gli scioperi vanno al vaglio di un organismo di garanzia che ne certifica la legittimità. Con la precettazione, un organo pubblico contraddice un’altra istituzione. Queste misure sembrano le fermate a richiesta: qualcuno suona e lo sciopero si deve fermare. I lavoratori non stanno giocando. Personalmente, ogni sciopero mi costa 80 euro. E vi assicuro che chi guida un autobus a Roma non naviga certo nell’oro.
D. Però gli scioperi sono tanti. Non sono troppi?
R. Il problema è che sono pochi i mezzi pubblici, hanno una pessima manutenzione, il trasporto pubblico è stato di anno in anno finanziato sempre meno, in parte dato ai privati. L’unica cosa che è aumentata è il disagio dei dipendenti e degli utenti. Invece che innalzare la qualità del servizio pubblico, sono aumentati i biglietti. Sono le aziende che ignorano le rivendicazioni dei lavoratori. Questo i sindaci non dovrebbero permetterlo. La precettazione è una toppa che non copre il buco. Appare anche un atto di intromissione autoritaria nelle vertenze sindacali. È grave non sentire neanche una parola da CGIL, CISL e UIL, per esempio.
D. I cittadini se la prendono con voi: siete scortesi, menefreghisti, trasportate persone come fossero cose da sballottare. E poi fate pure sciopero.
R. Ogni servizio al pubblico che non funziona come dovrebbe attira le giuste ire di chi avrebbe invece il sacrosanto diritto di muoversi in città comodamente.
Noi al volante siamo la rappresentazione fisica del pessimo servizio. Siamo facili obiettivi di giuste rimostranze. Il fatto è che siamo vittime della pessima gestione aziendale e contemporaneamente nel mirino del risentimento del pubblico. Mi piacerebbe si capisse che su quei mezzi noi ci passiamo ore, la nostra giornata lavorativa, tra passeggeri incazzati, traffico impazzito e mezzi vecchi, pieni di guasti, che addirittura s’incendiano. Siamo tutti sullo stesso autobus. Sarebbe come se un operaio, un impiegato, uno studente lavorassero o studiassero in un ambiente fatiscente, con tutti intorno che lo incolpano. Noi lottiamo per un buon servizio pubblico perché siamo cittadini come chi sale a bordo. Ma anche perché abbiamo il diritto di lavorare in condizioni professionali adeguate alle nostre responsabilità.
D. Ma sembra che le cose non migliorino affatto. Che scioperate a fare?
R. Se invece che criminalizzare i lavoratori, come si cerca di fare con la precettazione, si avesse come obiettivo la qualità della vita delle città, si metterebbero al centro i cittadini, i loro bisogni, la loro stessa dignità umana: come si può ogni giorno essere accalcati come bestie su mezzi di trasporto fatiscenti, che non rispettano gli orari? Con noi costretti a dare un servizio scadente, del quale siamo addirittura additati come colpevoli? Le aziende del trasporto pubblico promettono un servizio che non sono in grado di svolgere. Questo è il vero e grave problema, che accomuna dipendenti e passeggeri. Bisogna che la battaglia per un trasporto pubblico veda uniti dipendenti e passeggeri. Bisogna investire nel trasporto pubblico. Bisogna smettere di svendere ai privati, che spesso non pagano neanche regolarmente gli stipendi.
D. Cortese, ma voi che fate per dialogare coi passeggeri?
R. Noi di Usb ci stiamo organizzando per aprire un canale diretto con i cittadini. Anche perché spesso le nostre iniziative vengono tenute nascoste: o non si dice niente e quindi molti vengono presi alla sprovvista o si lanciano allarmi di paralisi del mezzi pubblici. Mai, dico mai, informando del perché organizziamo gli scioperi. La leggenda metropolitana, la “fake news” come si dice oggi, che facciamo sciopero per rubacchiare un ponte nel fine settimana è la prova provata di come si vogliano mettere i lavoratori che usano i mezzi pubblici contro i lavoratori che li guidano. Bisogna rompere questo circolo vizioso. Su questo dobbiamo fare di più. E posso garantire che lo faremo. Sono convinto che passeggeri e dipendenti insieme siano imbattibili.
La qualità e l’efficienza del trasporto pubblico sono risorse insostituibili per la città, per i suoi abitanti, per i suoi visitatori. Sono tra gli indicatori della qualità della vita. Dicono chiaro se una città è tenuta bene o se è in declino. Perché un’azienda funzioni è necessario che si rispettino le esigenze dei passeggeri e i diritti dei suoi dipendenti. Che è quello che non succede da troppi anni. Le agitazioni sindacali sono effetti, non le cause. Le cause sono più che note: è tempo si affrontino, senza indulgere a trucchi propagandistici, capaci solo di esasperare gli animi e tirare la volata all’ingordigia di soggetti privati.
Il caso Roma è più che chiaro: il 20% delle linee sono gestite da privati. Ma nulla è migliorato. Sono anzi peggiorati sia il servizio che le condizioni di lavoro. Ce n’è abbastanza per dire basta. Le precettazioni sono una pantomima, per non dire un’invasione di campo. Prima di prendersela con chi sciopera c’è da puntare il dito verso chi governa l’azienda. A cominciare dall’azionista principale: il Comune.
(Marco Ferri)
Roma, 1 dicembre 2017
2 risposte su ““Siamo tutti sullo stesso autobus”.”
Grazie Roberto per la chiarezza e costanza con la quale affronti temi tanto delicati. In un mondo dove tutti urlano non ti unisci al coro ma porti in luce le vere problematiche che affliggono il mondo della lavoro e quindi la società.
E la fotografia di tutto quello che succede effettivamente nel trasporto pubblico locale urbano suburbano ed extraurbano. Prima che qualche collega al capolinea di sera ci rimetta la pelle e ora veramente di bloccare tutto.Grazie collega ROBERTO CORTESE x tutto quel che fai.