Alle 6,30 del 26 agosto di quest’anno, il cuore di Alessandra Loffredi ha cessato di battere, dopo alcune drammatiche settimane di ricovero. O meglio, se ne andata, non potendo più lottare contro un male che aveva tenuto a bada per circa quattro anni.
Alessandra Loffredi è stata una donna creativa. Fu art director, poi, allontanata dall’agenzia di pubblicità, perché quella agenzia fece fallimento, Alessandra decontestualizzò la sua creatività in altri campi: allevò animali, curò la campagna, organizzò mostre e mercatini.
In questo modo negli anni, Alessandra costituì un ricco patrimonio di affetti, di valori e di ricordi che oggi lascia a tutti coloro che l’hanno amata, alle sue amiche e amici, a suo figlio Filippo. E a me, che sono stato il suo compagno per otto meravigliosi anni di amore profondo, solido, alto, bello.
Ricordare Alessandra, tuttavia, significa anche non dimenticare quanta fatica una donna debba fare per affrancarsi dai condizionamenti famigliari prima e coniugali poi. Lei lottava, col sorriso sulle labbra, ma con ferma determinazione contro chi voleva sminuirne il valore umano.
La nostra storia d’amore ebbe un breve, quanto intenso incipit molto anni fa. Solo dopo la rottura del suo matrimonio, Alessandra si decise a cercare di riprendere un contatto con me. Dopo circa vent’anni mi trovò, ci incontrammo, non ci siamo mai più lasciati. Siamo stati insieme, intensamente in ogni istante. Ho sentito forte l’intensità del suo amore, come una spinta propulsiva, che sono certo mi ha fatto diventare un uomo migliore.
Sapevamo che il suo male era irreversibile. Che prima o poi ci avrebbe separati. Alessandra diceva che lei non lottava contro, ma cercva di farselo amico, gli concedeva di esistere a patto che la lasciasse vivere il più a lungo possibile con me e con suo figlio.
Il suo male si chiamava mieloma multiplo plasmatico. Oggi posso dire che è un gran figlio di puttana, perché è infido, subdolo, sleale. Ma Alessandra è stata più forte di lui: ha deciso di andarsere prima che lui avesse vinto del tutto. In un certo senso, lo abbiamo fregato.
Perché Alessandra è sempre stata una donna dotata di fermezza. Dolce, gentile, con un sorriso incantevole, disponibile, accogliente, socievole, ciò nondimeno determinata nelle sue scelte e coerente nelle sue azioni. Chi l’ha sottovalutata si è sempre poi dovuto accorgere delle sue qualità.
Dal 26 settembre 2013, un mese dopo la morte, le sue ceneri vengono cullate dallo sciabordio del lago di Bracciano, sulla riva che bagna Vicarello, tra Trevignano e Bracciano.
Dal 10 ottobre 2013, giorno in cui avrebbe compiuto 54 anni, una targa, collocata accanto al cancello della casa che costruì e animò per molti anni, la ricorda a tutti coloro che le han voluto bene.
Il 12 ottobre scorso, nei giardini di quella casa si è tenuta una commemorazione laica, durante la quale è andato in scena il recital di cui il breve filmato, che qui è possibile vedere: http://youtu.be/6zBwt3sOOsA
Come ebbi occasione di dire in quella circostanza, “questo incontro tra chi le ha voluto bene serve a far uscire Alessandra dai nostri cuori per farla entrare a pieno titolo nella nostra memoria e ci permetta di non perdere occasione di raccontarla.”
Quanto a me, posso solo dire che il mio amore per Alessandra non si è spento alle 6,30 di quel 26 agosto 2013. Beh, buona giornata.
2 risposte su “Un recital per commemorare Alessandra Loffredi.”
Marco e Filippo ci hanno offerto una possibilità di incontraci semplice e nello stesso tempo profonda per stare ancora vicini alla figura, all’immagine di Alessandra, a poco più di un mese della sua scomparsa dai nostri sguardi.
Non è stata una commemorazione funebre e neanche un estremo commiato. È stato qualcosa che pur toccando il tragico apriva con forza e insieme con delicatezza alla speranza. La tragicità era nel ricordo del male devastante che ha colpito la nostra amica, la speranza in quel modo di farci incontrare attorno al suo sorriso. Un sorriso che io sentivo ancora aleggiare nel giardino della casa che ci ospitava, in quel pomeriggio, in quella sera d’ottobre mite, e che spandeva sui di noi una strana calma, una profonda attenzione a ogni verso di poesia che veniva letto, a ogni nota che il pianoforte e il flauto toccavano non tanto per noi quanto – in noi.
Le parole che Marco ci ha detto all’inizio dell’incontro, davanti al cancello della casa, accanto a Filippo, prima di scoprire la targa per Alessandra, le possiamo di nuovo leggere qui. Sono parole nitide, intense, suadenti. Io credo che esse riflettano il carattere e lo stile di amicizia, di accoglienza esistenziale propri di Alessandra.
Ecco, io ho sentito questo stile quella sera: il carattere universale della musica e della poesia erano un’intonazione sensibile, fisicamente percepibile di esso.
In questo io avvertivo il nostro essere insieme tra noi e l’apertura sorridente, silenziosa alla speranza che Alessandra ancora ci offriva.
Siamo andati per un mesto saluto e siamo tornati con un sentimento lieto. Grazie Filippo, grazie Marco.
Grazie.