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“Il liberalismo

Con l’uguaglianza, riecco la sinistra

Il tema veramente importante, che si discute da una decina d’anni, e non da quaranta come la crisi della socialdemocrazia, è quello della violenza da un lato, e del fallimento dall’altro del sistema neoliberale. È questo il dibattito oggi nuovo: tutto il periodo in cui il capitalismo aveva imparato a «comporre», a negoziare una società capace di controbilanciare Stato e mercato, a dare un ruolo alle forze sociali, ai sindacati, tutto questo è crollato. Il capitalismo keynesiano è scomparso, annegato negli ultimi dieci anni da un modello di società capitalista basato sulla violenza sociale.

La sinistra si è paralizzata davanti all’aggressività di questo nuovo capitalismo totale, ammutolendosi e rifugiandosi nell’idea che non si poteva fare diversamente, che eravamo davanti a una sorta di «necessità» storica. Non so quante volte abbiamo sentito in questi anni discorsi del tipo: «Le leggi del mercato ci sfuggono completamente, dunque non le possiamo controllare». Oppure: «La globalizzazione è un processo inarrestabile, come i processi fisici». Tutto ciò è falso.
Il sistema liberale è fondamentalmente basato sulla disuguaglianza: e non solo nei fatti. È un sistema che ha cercato di legittimare la disuguaglianza come valore, che era anche uno slogan pubblicitario a un certo punto: «Perché io valgo!». Se guadagno miliardi è perché li valgo, e quelli che faticano ad arrivare a 1.500 euro al mese, avrebbero potuto essere più furbi, o lavorare di più, e sarebbero arrivati al mio stesso successo.

È questa la morale che sottende i rapporti sociali oggi. E questa non è meritocrazia, perché la meritocrazia è un valore profondamente repubblicano in Francia; la scuola della Repubblica che dà chance uguali a tutti e premia il merito ne è l’esempio più evidente. Questa è la legge del più forte. Durante questi anni è stato normale pensare che la società dovesse funzionare in questo modo. Fino a quando semplicemente il sistema è crollato.

Per lungo tempo, prima che crollasse, quelli che lo denunciavano, come ho fatto io, erano considerati degli «arcaici», dei passatisti che cercavano di attaccarsi a valori sociali ormai improponibili. I moderati ci dicevano: «Avete perso il treno della storia!». Poi sono cominciati i segni precursori inquietanti della crisi: l’avanzare dell’estrema destra populista in tutta Europa, la perdita di contatto della sinistra con le classi popolari. C’era qualcosa che non andava più.

E poi, infine, il crac del 2008, e l’evidenza mondiale che il liberalismo, con tutte le sue caratteristiche così vantate per decenni, la sua razionalità, la sua capacità di anticipazione, la mano invisibile, la capacità di autocorrezione, è un disastro. Il sistema era semplicemente un sistema predatorio, di captazione della ricchezza da parte di un’oligarchia e, oltre ad essere ingiusto, ci siamo resi tutti conto che era ed è un sistema totalmente instabile. È un sistema che porta il mondo al precipizio.

Quel che succede oggi è che anche le menti liberali più convinte sono obbligate a concedere che il
sistema non funziona più e ad accettare che si nazionalizzino banche, che si indebitino Stati fino sopra ai capelli per salvare l’economia dalla catastrofe.
Per questo oggi ritorna possibile vincere dicendo cose molto semplici. Quali? Beh, che l’obiettivo da sempre della sinistra, quello che definisce la sinistra in quanto tale, è la ricerca, benché mai totalmente realizzata, dell’ uguaglianza . Se rinunciamo a questo, rinunciamo alla sinistra. Ora, negli ultimi trent’anni, la sinistra aveva rinunciato all’uguaglianza. Aveva accettato, come una forma di autocensura, che l’uguaglianza era un orizzonte non solo sfuggente, difficile da raggiungere, ma non era più l’orizzonte che si voleva e si doveva raggiungere. Una rinuncia che ha preso diverse forme, da John Rawls, con le sue «disuguaglianze accettabili», al progetto della Terza via di Anthony Giddens, tutte idee molto sottili, ma che in fondo sotterravano la sinistra.

Quel che abbiamo proposto è di tenere sotto controllo il sistema finanziario e reintrodurre l’uguaglianza Viagra come valore. La sinistra per anni si è persa. Era talmente impressionata dal suo avversario da non avere più il coraggio di assumere i propri valori. E, peggio, alcuni socialisti hanno fatto il gioco degli avversari. Chi ha liberalizzato la finanza internazionale, che ha fatto uscire la belva dalla gabbia, non sono stati dei pensatori estremisti liberali, ma dei socialisti francesi, come Pascal Lamy, direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, o Jacques Delors, che hanno convinto l’Fmi, l’Ocse, gli Stati Uniti, e la comunità internazionale che bisognava liberalizzare gli scambi e il sistema finanziario.

Bisogna ritrovare una comunità di uguali, in cui i valori e i modi di vita di chi ha il potere, e di chi è rappresentato da questo potere, tornino a somigliarsi. Quando c’è gente che guadagna due, tre, quattro milioni di euro all’anno, che rapporto volete che abbia con la gente? Siete in un altro mondo simbolico, e reale. Non vivete negli stessi posti, non mangiate le stesse cose, non vedete la stessa gente. Queste differenze vanno semplicemente ridotte. Allora, contenere i salari delle persone al potere e aumentare l’imposizione fiscale per le grandi ricchezze fino al 75 per cento andava detto, e ora va fatto. La sinistra in Francia, come in Europa, deve riprendere il senso della responsabilità delle decisioni politiche. La finanza è una scusa per deresponsabilizzare la classe politica.

Un’Europa della finanza non è credibile agli occhi dei cittadini. Se si vuole rilanciare l’Europa, bisogna rilanciare un’industria europea, una ricerca europea, una cultura europea. Non far saltare tutto in aria in nome del libero mercato.
La maggior parte della gente nasce, cresce e muore nello stesso posto. Perché dovrebbe accettare di pagare un prezzo per una mobilità che non la riguarda? Può accettare di pagare un prezzo se l’Europa non è solo un terrificante libero mercato che spiazza la vita della gente, ma uno spazio di valori e di prodotti condivisi, uno spazio di crescita comune, industriale, scientifica e culturale. Se non vogliamo che i cittadini si facciano incantare dal populismo, bisogna che la sinistra dica queste cose chiaramente: non accettiamo l’Europa dell’austerity in nome della contabilità. Non siamo antieuropeisti, ma vogliamo un’altra Europa.

Il liberalismo è il disordine europeo mondiale. Quello che proponiamo noi è rimettere in ordine, stabilire nuove regole. Il disordine non è altro che la legge del più forte.
Bisogna essere capaci di organizzare le cose. Keynes non era certo un rivoluzionario. Ma aveva un’idea di una società ordinata. Mi piace anche citare quello che diceva sulla mondializzazione: «Le idee, le persone e le opere d’arte devono circolare liberamente. Ma bisogna produrre e consumare localmente». (Beh, buona giornata).
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La rivista
Uno sguardo sulla crisi europea
Il testo pubblicato in questa pagina è una sintesi dell’intervento di Aquilino Morelle, in conversazione con Gloria Origgi, che appare sul numero in uscita oggi della rivista «MicroMega». Il fascicolo contiene anche una lettera aperta del direttore Paolo Flores d’Arcais a Beppe Grillo e vari contributi sulla situazione politica in Italia, in Francia e in Grecia. Tra gli autori: Barbara Spinelli, Vladimiro Giacché, Pierre Rosanvallon, Alain Touraine, Angelo d’Orsi.
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L’autore
• Nato nel 1962 a Parigi, figlio di un operaio spagnolo immigrato, Aquilino Morelle (nella foto) è uno degli uomini più vicini al neoeletto presidente socialista francese François Hollande, che lo ha nominato suo consigliere politico
• Laureato in Medicina e docente universitario, Morelle è stato uno stretto collaboratore del primo ministro socialista Lionel Jospin dal 1997 al 2002. Attualmente scrive i discorsi di Hollande e, in parte, ne costruisce lo stile
• Molto critico verso l’Unione Europea, Morelle si è schierato per il no al referendum sul trattato costituzionale europeo, respinto dagli elettori francesi nel maggio 2005 con una maggioranza del 54,7 per cento
Aquilino Morelle-Il Corriere della Sera

21 giugno 2012 14:36

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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