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Affrontare la crisi oltre il mantra dell’ottimismo./4.

Crisi, il Nobel Solow: «Garantire credito
alle imprese e difendere i posti di lavoro»

di Anna Guaita da ilmessaggero.it
NEW YORK (2 gennaio) – Salvare i posti di lavoro, creandone di nuovi e proteggendo quelli ancora esistenti: per il premio Nobel Robert Solow questo deve essere il «primo comandamento» a cui i governi devono ispirarsi per avviare la ripresa economica: «Chi è senza lavoro, chi ha paura di perderlo, vive in una condizione di incertezza. Non è solo ingiusto per la persona stessa, è sbagliato per l’economia: l’incertezza affonda i consumi».

Professore, quanto sarà lunga la crisi?
«Gli ottimisti dicono che finirà entro il 2009, mentre i pessimisti la allungano fino alla metà del 2010. Io mi pongo a metà, penso che cominceremo a uscirne fra la fine dell’anno e l’inizio dell’anno nuovo. Ma bisognerà lavorare per arrivare a questa soluzione. Nel mondo è scomparsa la fiducia, se non la recuperiamo, non ne usciamo».

Tre anni fa, in un’intervista con il nostro giornale, lei esprimeva preoccupazione per le politiche aggressive delle banche, per l’eccessivo indebitamento degli americani, in particolare dei meno abbienti. Era il settembre del 2006 quando disse: ”Chi sta bene finanziariamente cadrà in piedi, ma le classi più povere soffriranno”. E’ successo quel che temeva?
«Mi dispiace dire che avevo ragione. Ma adesso i governi che hanno lasciato che questo succedesse, nella convinzione che i mercati si autoregolamentano, devono trovare delle vie d’uscita. E la prima è di proteggere i posti di lavoro. Sono convinto che Barack Obama intenda muoversi proprio in questa direzione, almeno nei primi tempi della sua presidenza. Sono altrettanto certo che non appena l’economia si sarà rimessa in moto, passerà alla seconda parte del suo programma, che è quello di avviare una riforma che riporti controlli più seri e affidabili».

Lei è stato consigliere di Obama durante la campagna. E il presidente eletto ha scelto vari suoi studenti nella nuova Amministrazione. Quali consigli gli state dando?
«Riguardo alla crisi io la vedo così: è necessario rimettere in moto il credito ed è necessario ridare fiducia alla gente. Il credito è compito della Federal Reserve, che sta facendo del suo meglio per aiutare le istituzioni finanziarie insolventi o con scarsità di liquidi. Qui negli Usa vediamo che qualcosa si sta muovendo. Il congelamento del credito dà i primi segni di scongelamento. La nostra prosperità dipende dalla possibilità delle aziende di avere credito, sia per investire che per pagare i salari. Credo che la Bce stia facendo lo stesso, o almeno me lo auguro».

E come si ridà fiducia alla gente?
«Ripeto: proteggendo il loro posto di lavoro. Ma qui negli Usa Obama ha anche un’altra carta: avviare una riforma sanitaria. Uno dei grandi incubi per i lavoratori americani, che voi fortunatamente non avete, è che con il licenziamento perdono l’assicurazione medica. Spesso quando trovano un altro lavoro, è di qualità inferiore, con meno benefici. Quindi per limitare il senso di insicurezza, bisogna che il lavoratore sappia che anche se per un certo periodo è disoccupato, potrà continuare a curare se stesso, sua moglie e i suoi figli».

Professore lei ha ancora fiducia nel capitalismo americano?
«Ho fiducia che abbiamo imparato la lezione, che abbiamo capito finalmente che il laissez faire non funziona, che dobbiamo accettare un progetto di riforma, e che Obama si sforzerà di realizzarlo».

Lei fu un sostenitore dell’euro. Nel decimo anniversario della sua introduzione, ne è soddisfatto?
«Penso che il mondo, e l’Europa in particolare, abbiano tratto un grande vantaggio dall’euro, che ha portato stabilità nel vostro continente, e una valida alternativa al dollaro sui mercati mondiali. Penso tuttavia che in questo momento anomalo di crisi mondiale, l’Ue dovrebbe permettere ai Paesi in difficoltà dei margini di manovra nel patto di stabilità. Essere rigidi in presenza di una crisi così vasta è da miopi. Garantire una flessibilità, magari temporanea, è saggio. E anche chi si oppone oggi potrebbe finire per averne bisogno presto».
(Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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