di Anna Guaita da ilmessaggero.it
NEW YORK (27 dicembre) – L’economia è destinata a peggiorare, e l’impatto «si sentirà nel mondo intero». Ma se oggi «tutto appare molto cupo, entro un paio d’anni il panorama apparirà più rassicurante». Il premio Nobel per l’economia Michael Spence spiega al Messaggero che ancora moltissimo della crisi «deve essere chiarito», ma aggiunge che una cosa è chiara: «il capitalismo all’americana» che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni «non tornerà com’era», l’economia mondiale sarà più regolamentata, ma anche più sincronizzata e legata da accordi di collaborazione. Spence, che ha vinto il Nobel nel 2001 con Joseph Stiglitz e George Akerlof, è professore di management alla facoltà di Business della Stanford University, e presidente della ”Commissione per la Crescita e lo Sviluppo”.
Professore, lei dice che l’economia peggiorerà.
Cosa raccomanda per farla uscire dalla crisi?
«L’economia peggiorerà perché si è messa in moto una dinamica che non si può arrestare velocemente. Prevedo che il mercato finanziario sarà stabilizzato entro sei mesi, ma l’economia reale richiederà probabilmente un paio d’anni. Non parlerei di una recessione profondissima, ma comunque ci vuole l’intervento dei governi, indispensabile per ridurre la profondità e la lunghezza della crisi».
In che settore vorrebbe questi interventi?
«In qualsiasi settore che produca impiego e reddito, e generi consumo. Senza questi interventi, vedremo una continua riduzione della domanda e del consumo, con ulteriore contrazione dell’impiego».
In Europa ci sono vari Paesi con forti deficit, raccomanda anche ad essi di spendere?
«Bisognerebbe che in Europa si sospendessero temporaneamente le restrizioni sul tetto massimo di deficit. Quelli sono accordi fatti per tempi normali, ma siamo in una stagione eccezionale. E comunque, se i governi non investiranno, registreranno lo stesso un allargamento del deficit, perché la crisi causerà perdita di posti di lavoro, e di conseguenza il gettito fiscale precipiterà».
Si parla molto di ri-regolamentare l’economia. Dove, e quando?
«Nessuno vuole imporre eccessive regolamentazioni, e appesantire gli imprenditori e i consumatori. Ma si è innescata una dinamica di instabilità, e dobbiamo capire che cosa abbia causato questo rischio sistemico. Si pensa alla creazione di uno strumento che sia in grado di ”frenare” in presenza di nuovi rischi. Ma ancora non sappiamo dove dobbiamo agire. Una cosa è certa: il capitalismo american style, che diceva che i mercati si autoregolamentano, non ha funzionato e non gode più della fiducia della gente».
E non sappiamo dove saranno applicate le nuove regolamentazioni?
«Per adesso, il mondo dell’economia, della politica, dello studio, stanno ancora cercando la strada migliore per affrontare la crisi. Ci siamo nel bel mezzo, siamo tentando di reagire a delle dinamiche che cambiano con grande velocità. Solo quando avremo la crisi sotto controllo, quando avremo recuperato un po’ di stabilità, quando il capitale privato ricomincerà a muoversi e si sarà chiarito il mistero del reale valore delle aziende, allora ci dedicheremo tutti a cercare i punti cruciali su cui applicare maggiori controlli».
Professore che mondo verrà fuori da questa crisi?
«Spero un mondo in cui i Paesi abbiano deciso di non corazzarsi per navigare le acque della crisi da soli, ma abbiano accolto il progetto del G20 di Washington, cioè di realizzare un sistema di controllo e regolamentazione coordinato dell’economia mondiale. Un mondo in cui si avrà una visione più aperta dell’importanza dei governi nel prevenire e curare le crisi».
Cosa direbbe a un giovane che deve scegliere il suo futuro?
«Di guardare nel settore delle scienze biomediche, ingegneristiche e ambientali. E nel campo sociale specializzato, per esempio nella scienza del comportamento economico. Ma soprattutto raccomanderei di scegliere qualcosa in cui si creda, e in quello cercare di eccellere». (Beh, buona giornata)