di MARTINA FERRI
(Martina Ferri ha firmato questo articolo sul quotidiano Liberazione il 23 aprile 2008. Lo pubblichiamo in vista di possibili nuove elezioni politiche in Italia. Ci sembra di un’attualità dirompente, stringente, addirittura lancinante. Dalema, Bersani, Vendola, Di Pietro dovrebbero pensarci un po’ su. Ben sapendo che, come cantava Guccini, “i politici han ben altro a cui pensare”)
Come se il proiettore si fosse spento bruscamente. Come se la realtà virtuale ricreata intorno a noi fosse sparita, lasciando apparire il deserto che ci circonda. Non ci credevamo, ma vederla rappresentata, questa sinistra, ci faceva stare un po’ meglio. Non c’era, lo sapevamo bene, ma accettavamo l’illusione come un leggero calmante.
Ho scritto a Vladimir Luxuria chiedendole un motivo per votare. Nella sua risposta non ho trovato quella motivazione forte, così forte da spingermi ad avere un altro po’ di pazienza e tornare a dare fiducia alla sinistra in parlamento.
Non ho votato, e ora di che mi lamento? Come giustifico politicamente la desolazione che provo nell’immaginare la nuova distribuzione dei colori nelle camere?
Non la giustifico, ma c’è. Mi sento desolata e sconfitta, ma mi sarei sentita così in ogni caso. Tant’è.
Il mio non voto è stato un grido, un grido che voleva scuotere una forza politica che ritenevo il mio unico interlocutore possibile, che però non mi rivolgeva più la parola da molto tempo.
La sinistra non parla con me, non mi conosce, non sa e non si cura di sapere dove vivo, cosa faccio, quali sono i miei problemi e le mie aspirazioni. Come può uno sconosciuto rappresentarmi? Cosa può rappresentare di me, della mia generazione, della mia classe sociale? Può il mio unico scopo essere la conservazione di una rappresentanza di sinistra in parlamento, quando questo avrebbe solo valore formale? Perché io non avverto la sostanza di sinistra nell’arcobaleno.
Umanamente mi dispiace per le persone che si trovano mancare la terra sotto i piedi per questa bastonata sui denti che si chiama trepercento. Ma quando si è lontani dalla realtà, il risveglio fa sempre male. Mi auguro che ci sia questo risveglio, mi auguro che nei prossimi anni si smetta di cercare di interpretare i desideri dell’elettorato (desideri indotti, bisogni immaginati, come l’esigenza di sicurezza), e che si cerchi di comprendere i problemi reali delle persone, interpretandoli ed offrendo una visione possibile del mondo.
Ho bisogno di una forza politica, ma non televisiva, che mi aiuti a spiegare ai miei colleghi di lavoro, alle persone che incontro nel quartiere, sull’autobus, o in fila alla cassa ticket delle asl, che il nostro problema non sono i Rumeni, ma gli affitti alle stelle. Che il problema è il profitto e chi sfrutta in nome del profitto, e non chi si lascia sfruttare perché non ha altra scelta. Che il concetto di clandestinità non ha senso, è scientificamente indifendibile. Che discriminare i gay e le lesbiche è come riprodurre l’apartheid dell’America e di Israele. Ho bisogno di essere appoggiata, di avere una sponda, per non sentirmi emarginata nella mia città. Ho bisogno di una sinistra in parlamento, certo, ma che sia sinistra.
Non c’è più nulla di scontato. L’antifascismo, la solidarietà sostanziale, il lavoro comune per il miglioramento della vita di tutti, il rispetto delle regole che garantiscono la libertà, e la lotta per i diritti che ancora mancano. Le persone con cui ho a che fare mi guardano con gli occhi di fuori quando faccio riferimento a queste cose. L’individualismo di massa ha conquistato ogni spazio lasciato incustodito, il qualunquista è considerato quello che ci ha visto più lungo di tutti.
Ecco, io mi sento così: mi avete lasciato da sola a combattere con il mostro gretto, ignorante e aggressivo. La mia voce è stata lasciata a morire sotto le urla dell’arroganza, della miseria umana, della totale mancanza di coscienza (di classe). E non mi sono sentita aiutata da voi, nella mia militanza quotidiana nell’orrido mondo reale in cui sono costretta a vivere.
Ho visto sempre più fascisti parlare ad alta voce e senza vergogna. Razzisti sproloquiare contro gli immigrati, senza pudore, sull’autobus, nei bar, per la strada. Signore distinte sospirare malinconiche ripensando ai bei tempi del duce. Tutti assolutamente indisturbati facevano a pezzi il mio paese. Mentre io mi azzardavo ad esprimere i miei contenuti, venivo travolta dalla massa di voci più forti, più categoriche, più arroganti. Le voci di quelli che avevano dalla loro parte forze politiche che sdoganavano i più bassi istinti dell’italiano medio.
Mi sono sentita sola, e non ho votato perché volevo che ve ne accorgeste. Vi prego di farlo, adesso. (Beh, buona giornata).