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Uno strano caso di product placement sulla carta stampata.

Il giorno dopo che a Secondigliano un commando ha aperto il fuoco su un gruppo di ragazzini, ferendoli alle gambe all’interno di una sala giochi, il quotidiano La Repubblica dà conto di un’ intervista con il pm Raffaele Cantone, titolare delle indagini anti-camorra nella zona di Scampia.

A pagina 2, in taglio basso, Antonio Tricomi firma l’intervista intitolata “Una volta il quartiere era sicuro, ora a Scampia di notte regnano i killer”. Per poter arrivare al punto della questione che qui sollevo, devo citare un brano dell’intervista.

Dopo aver ricordato ai lettori che Raffaele Cantone ha appena pubblicato “Solo per giustizia”,un libro sulla manovalanza giovanile della camorra, Tricomi chiede al pm:
-Sembra averla colpita in modo particolare la morte di un giovane killer delle “case celesti” di Scampia, episodio a cui dedica pagine molto significative. Può spiegarcene il motivo?

Cantone risponde:-Ci stavamo recando sul luogo del delitto. Con me c’era un capitano dei carabinieri, mi stava raccontando nel dettaglio le vicende di cui la vittima era stata protagonista: si era trovato a essere prima un killer del clan Di Lauro e poi degli “Scissionisti”. Era stato protagonista di numerose azioni di fuoco.

Tricomi chiede:- Il capitano non aveva fatto in tempo a dirle l’età?
Cantone risponde:- No. E dai suoi racconti tutto mi aspettavo tranne che di trovare sull’asfalto un ragazzo di diciannove anni. Notai che portava un paio di Hogan (…).

Interrompo questa citazione, per arrivare subito al punto. Infatti, anch’io tutto mi sarei aspettato, tranne che di trovare un annuncio pubblicitario a piè di pagina del quotidiano: tecnicamente si chiama piedone, perché l’annuncio confinava perfettamente con l’intervista, che come ho già detto era in taglio basso della seconda pagina.

Era un annuncio pubblicitario della Hogan.

Si tratta di un macabro episodio di product placement, come si chiama l’inserimento nelle fiction di prodotti, la cui marca è appositamente resa visibile?
Francamente credo si tratti di un banale incidente di percorso nella confezione del giornale.
Ciò non toglie che cose del genere fanno accapponare la pelle, oltre proprio a non giovare alla testata, all’inserzionista, né ai lettori. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

5 risposte su “Uno strano caso di product placement sulla carta stampata.”

Caro Ferri, intanto grazie per l’attenzione. Non so che mestiere lei faccia. Ma se avesse un minimo di esperienza, anche per sentito dire, in materia di giornalismo, non avrebbe scritto quelle note. E anche come lettore, mi scusi, mi sembra un po’ sprovveduto. Vedendo l’intervista, ho notato anch’io l’amara coincidenza. Ma ovviamente nè io nè Cantone (e non Catone) potevamo sapere, nel momento della nostra conversazione, se in pagina ci sarebbe stata un’inserzione e quale. Non si tratta di un macabro episodio: trovo invece piuttosto macabro, oltre che fantasioso, ciò che lei ha pensato e scritto. A proposito: l’intervista contiene anche un soffietto pubblicitario nei confronti degli Scissionisti. E l’intera pagina potrebbe essere una gigantesca inserzione pubblicitaria pro-camorra. Non mi dica che non se ne è accorto.

La precisazione di Tricomi è ben strana. Primo, compie la scorrettezza di attribuire al post un addebito che Ferri neanche indirettamente propone, ovvero quello di attribuire a Tricomi e addirittura al pm Cantone la preventiva consapevolezza dell’inserzione. Come potrebbe un intervistato conoscere le inserzioni pubblicitarie del giornale a cui ha rilasciato un’intervista? È davvero singolare, dunque, mettere in mezzo questo per forza di cose ignaro intervistato, nella fattispecie, però, un giudice. La responsabilità dell’inserzione può essere della redazione, o dell’agenzia che si occupa della pubblicità del quotidiano. Ma allora perché tanto sbracciarsi di un cronista incaricato solo di raccogliere una conversazione? Una volta introdotto surrettiziamente l’addebito contro il post, Tricomi passa al tentativo di diminuzione personale del Ferri. “Non so che mestiere faccia lei, lettore sprovveduto, macabro sarà lei, e anche fantasioso, ecc.” . Ma l’argomento “ad hominem” squalifica però più chi lo adotta che l’obiettivo dell’attacco, anche perché Ferri, da parte sua, non gliene ha dato proprio alcun motivo. Si può anche capire la difesa dell’azienda per cui si lavora, ma tanta stizzita acredine è davvero uno scomposto fuor d’opera. Mi sembra che Tricomi si sia fatto con questo intervento davvero un pessimo servizio, perché se davanti al mondo della pubblicità che segue questo blog se la poteva cavare con le solite rapide scuse, o meglio, con il silenzio, così argomentando ha voluto invece proprio piantarselo da solo il chiodo in quel paio di Hogan. Chissà il pm Cantone cosa direbbe. Beh, pessima giornata.

Il cosiddetto mondo alla rovescia. Un cittadino segnala una pagina di malcostume giornalistico e pubblicitario e invece di essere ringraziato viene coperto di insinuazioni e tentativi di sminuirlo, anche ricorrendo a uno grottesco spirito di patate del tutto fuori luogo. Questa spocchia e protervia giornalistica è davvero un carattere di tutto il giornalismo italiano. Ti domandi se è da preferire Giuliano Ferrara che non la nasconde, e anzi la ostenta, o questi cronisti che la celano dietro il blasone della testata “democratica” per cui lavorano. Il giornalista afferma di non sapere che lavoro faccia Marco Ferri: male, perché non gli ci voleva molto per saperlo. O forse, bene, perché abbiamo potuto toccare con mano come si permette di trattare un normale lettore e acquirente del suo quotidiano. Per sfortuna di Tricomi, però, Ferri è uno dei più noti e apprezzati pubblicitari italiani, che ha lavorato anche per il gruppo editoriale de “la Repubblica”. Sa bene quello che dice, ha una competenza più che riconosciuta in materia, anche quella specificatamente giornalistica. Sarebbe troppo facile per lui infierire sullo “sprovveduto cronista”, ma non mi sembra sia abituato a fare i punti sparando sull’ambulanza. Ferri ha anche scritto di ritenere che quasi certamente si sia trattato di un banale incidente. Dopo il commento di Tricomi, credo sia davvero piuttosto arduo pensarlo ancora (almeno per me). Il mondo alla rovescia prevede che una redazione che ha tanto di rappresentanti ufficiali e responsabili faccia intervenire un suo semplice cronista. Questi con il petto gonfio di boria aziendale e personale spara… cazzate, per di più grottesche. Coerentemente con questo mondo, il danno si rovescia anch’esso e la falla aumenta. Delle semplici scuse e ringraziamenti di tipo civile e democratico, coerentemente con la linea e l’aplomb della testata, infatti, neanche l’ombra.

Rispondo a Greco innanzi tutto per dagli ragione su un punto: il silenzio sarrebe forse stata la risposta migliore. Ma ci sono in ballo, mi scuso per le parole grosse, anche un un po’ d’onore e di professionalità da difendere. Greco, chiunque sia, va ringraziato: mi ha chiarito in maniera limpida una cosa che francamente mi era sfuggita, e che cioè Ferri attribuisce all’azienda un piano davvero diabolico: dài, schiaffiamoci una pubblicità delle Hogan, che Cantone ne parla nell’intervista. Non sarebbe stato tecnicamente possibile: l’articolo è stato impaginato alle 22 di domenica e gli spazi pubblicitari vengono decisi la mattina. E ovviamente non è neanche vero il contrario, che io abbia “fatto dire” a Cantone quelle cose perchè c’era la pubblicità. Quanto alle rapide scuse: di cosa, santo cielo, avrei dovuto scusarmi? Non conosco l’opinione di Cantone in merito a questa piccola nostra querelle, di cui non credo sappia nulla: di solito si occupa di cose serie. Caro Ferri, caro Greco, continuate pure a fantasticare, visto che evidentemente ne avete il tempo. Vi auguro, beh, un’ottima giornata.

Ferri, lei ha chiuso la polemica da gran signore e questo fa sempre piacere. Però a me rimane un dubbio. Il banale incidente di percorso ha tuttavia dato luogo a qualcosa di estremamente spiacevole. Come è possibile che in una grande e prestigiosa testata giornalistica accada questo? Se non lo capiamo potrà tornare ad accadere e allora non sarà più un caso fortuito, ma qualcosa che si è insediato strutturalmente nell’ingranaggio. Magari questo potrebbe contribuire a chiarirlo anche Tricomi, nei confronti del quale io non ho niente di personale, anche se lui invece sente di dover fare le pulci persino al tempo del libero riposo domenicale a disposizione delle persone.

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