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Attualità Popoli e politiche

4 Novembre: un paese moderno ha ancora bisogno di retorica e demagogia?

 

Con un’enfasi degna di miglior causa, il ministro della difesa ha spiegato giorni fa durante una trasmissione televisiva che il bello della prima guerra mondiale è stato che migliaia di italiani, provenienti da tutta Italia si fossero incontrati per le prima volta nelle trincee. Forse una riflessione più attenta avrebbe sconsigliato il ministro di lanciarsi su questo argomento: quelle trincee si sono riempite di oltre 600 mila morti e più di un milione di feriti, quella che fu definita “carne da cannone”.

Non si capirebbe il motivo per cui collegare la data che festeggia le forze armate italiane con il 90° anniversario della Guerra 15-18 se non con l’ideologia che guida il ministro della difesa italiano in carica. Un conto è festeggiare le Forze armate e rendere omaggio ai caduti, altro è fare retorica e demagogia.  Sarebbe stato meglio che il 4 novembre 2008 si fosse occupato delle forze armate di oggi e avesse lasciato in pace (!?) i dolori e le lacerazioni di novanta anni or sono: insomma, sarebbe stato meglio lasciare il 4 Novembre sul calendario e la  Guerra 15-18 sui libri di storia.

“Non si evochino per amor di polemica politica o veteroideologica, spettri che nessuno vuole più resuscitare”, ha detto con molta chiarezza il Capo dello Stato.

Ma il ministro c’ha sto vizietto. Un saggio della sua sagacia, il ministro ce lo aveva già dato l’8 settembre scorso, quando si sentì in dovere di riaprire le ferite della seconda guerra mondiale, rendendo proditoriamente omaggio ai militari della Repubblica di Salò, tanto da meritarsi un bella tirata d’orecchio dallo stesso presidente della Camera dei deputati.

Insomma, pare proprio che al ministro della Difesa piacerebbe essere il ministro della Guerra. Evocando la prima guerra mondiale, si rischia oltretutto di risvegliare inutilmente antichi rancori nella provincia di Bolzano e nel Sud Tirolo, per non parlare della Venezia Giulia e di Trieste: la Storia li volle nemici, gli uni contro gli altri in armi. Oggi sono a tutti gli effetti cittadini di una repubblica che ripudia la guerra.

In un’altra trasmissione televisiva, il ministro si è anche lasciato sfuggire che chi presta servizio nelle nostre forze armate, difficilmente può essere di sinistra. Che bisogno c’era di mettere a disagio i cittadini italiani che in uniforme prestano servizio nelle quattro forze armate, chiosando sui loro presunti orientamenti politici? Nostalgia di tesi politiche che nel passato avrebbero voluto i militari coinvolti nella scena politica nazionale? Anche in questo caso sarebbe stato meglio lasciar stare.

Com’è come non è, fatto sta che il nostro ministro della difesa ha sempre la testa rivolta al passato. E questo gli impedisce non solo di guardare avanti, ma anche di accorgesi dei suoi recenti errori, come quello, clamoroso, di aver voluto l’utilizzo dei militari in missione di ordine pubblico sul territorio nazionale.

Sul punto, già il generale Mini, dalle  pagine de La Repubblica aveva messo in guardia: utilizzare i soldati sul territorio, senza che possano avvalersi del contributo dell’intelligence, come avviene nelle missioni all’estero, rende vana e frustrante la loro professionalità, rende inefficace il loro ruolo, fino a diventare controproducente per la loro immagine agli  occhi dei cittadini dei territori italiani in cui operano.

Ho avuto occasione di conoscere e apprezzare Mini, quando era in servizio col grado di colonnello presso lo Stato Maggiore della Difesa. Con lui realizzai la prima campagna pubblicitaria istituzionale per l’Esercito italiano: sulla foto di un elicottero che spegneva un incendio boschivo, il titolo diceva “cara mamma, oggi abbiamo fatto un gavettone bellissimo”; oppure, sulla foto di un militare che traeva in salvo un anziano da un’alluvione, il titolo diceva “cara mamma, oggi ho dovuto portare un nonno sulle spalle”; o ancora, sulla foto di soldati impegnati con le cucine da campo a distribuire pasti caldi alla popolazione colpita dal terremoto, il titolo diceva “cara mamma oggi sono dovuto stare tutto il giorno di corvee”. Il sottotitolo della campagna, uscita nella seconda metà degli Anni Ottanta, diceva: “quarant’anni di pace sono stati la nostra guerra più dura”. La campagna ebbe grande eco, vinse molti premi. Niente a che vedere con lo spot “grazie ragazzi” gentilmente offerto in questi giorni dal ministero della Difesa.

Per tornare all’analisi del generale Mini, le sue parole a proposito dei militari nelle strade italiane hanno avuto una tragica conferma in occasione della sparatoria nella quale sono stati gambizzati cinque minorenni a Secondigliano. Il quotidiano l’Unità ha pubblicato il giorno dopo la sparatoria di Secondigliano un’intervista ai responsabili dei sindacati di polizia. “Il ferimento dei 5 minorenni a Secondigliano -dice il segretario generale del sindacato di polizia Silp Tommaso Delli Paoli – pone drammaticamente il problema irrisolto della sicurezza e del controllo del territorio”.

“Vogliamo sperare che sull’onda emotiva il Governo non si inventi – dicono – il “militare di guardia ai circoli ricreativi” facendo seguito a una pazzia collettiva che sembra voler accreditare un accresciuta sicurezza con l’intervento dei militari”.
“Il controllo nel quartiere – ha aggiunto il sindacalista – lo possono effettuare solo il commissariato di polizia o la stazione dei Carabinieri, gli uni e gli altri invece, sono disastrati dai tagli di risorse e senza uomini e mezzi necessari, con l’impossibilità molto spesso di mettere in strada anche una sola volante”.

“È in atto uno spreco di risorse economiche con l’impiego dei militari – ha concluso Delli Paoli – che nessun risultato concreto può dare alla sicurezza dei cittadini, se non vago sostegno alla demagogica campagna avviata dal Governo che taglia i fondi delle forze di polizia e poi tenta di far credere ai cittadini che avranno più sicurezza dall’impiego dei militari».

Anche il Siulp, un altro sindacato di polizia avverte il governo: “Indipendentemente dal dna di questi ragazzi – dice il segretario napoletano Liberato Dal Mastro – il Governo deve rendersi conto della necessità di stanziare soldi per la sicurezza. Nuovi computer, nuova tecnologia, una nuova logistica da assegnare al commissariato di Secondigliano sono una decisione non rinviabile.
Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto di ritardo, rende la situazione più gravosa e difficile per le donne e gli uomini della Polizia di Stato che, da soli, non possono garantire un livello minimo di sicurezza”.

Ce ne è abbastanza per poter affermare che retorica e demagogia, tanto care al ministro della difesa, sono una perdita di buon gusto, ma anche di tempo e di denaro, altrimenti meglio utilizzabile per la sicurezza dei cittadini, per la dignità professionale delle forze dell’ordine, ma anche per il rispetto dei militari: mandati allo sbaraglio sulle strade sono destinati a fallire, la qual cosa non è certo un bene per l’onore e lo spirito di corpo di chi fa quel mestiere con impegno e senso del dovere.

Il ministro della difesa dovrebbe smetterla di guardare con nostalgia a un passato, che tutti ci auguriamo non torni più. E guardare in faccia la realtà, quella che è difficile capire facendo il prezzemolino  vanesio di talk-show in talk-show. Sempre in una trasmissione tv, infatti, lo abbiamo sentito vantarsi di aver ottenuto uno stanziamento per portare manifestazioni celebrative nelle piazze e nelle scuole.

In tempi di crisi, ci sono modi migliori di utilizzare i soldi pubblici: tanto per cominciare, sarebbe stato meglio utilizzarli per il riconoscimento dell’indennità della causa di servizio per i militari italiani colpiti dalle radiazioni da uranio impoverito nelle guerra dei Balcani. La questione è in discussione alla commissione Difesa del Senato. Ci sono militari e  famiglie di militari che hanno il diritto di celebrare il 4 novembre senza l’angoscia di una ingiustizia subita, che difficilmente può essere risarcita dalla retorica e dalla demagogia. Beh, buona giornata.




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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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