La bolletta petrolifera italiana, ovvero la spesa per l’approvvigionamento di oro nero dall’estero, rischia di schizzare quest’anno sopra i 30 miliardi di euro, registrando un rincaro di oltre 8 miliardi – vale a dire oltre 15 mila miliardi di vecchie lire – rispetto all’anno scorso.
La stima, confermata da fonti di settore, di una fattura sopra i 30 miliardi di euro – contro i 22,23 miliardi del 2005 – si basa sulle quotazioni del barile di greggio nei primi 7 mesi dell’anno, proiettata per il prossimo semestre: su una media cioè di 74 dollari al barile anche nella seconda parte del 2006.
La vertiginosa crescita delle quotazioni internazionali del barile ha un forte impatto su un’economia, quale quella italiana, che dipende per l’85% dal petrolio contro una media degli altri Paesi europei del 50%. In termini di peso sul Pil la fattura energia, l’intero costo cioè per l’approvvigionamento di tutte le fonti (e non solo il petrolio) dall’estero, rappresenta infatti oggi – secondo gli ultimi dati dell’Unione Petrolifera – il 2,9% del prodotto nazionale lordo (era del 2,2% nel 2004).
Gli effetti delle impennate del petrolio sono da tempo ‘visibili’: le bollette della luce e del gas registrano da oltre un anno e mezzo successivi rincari. Più in generale – ha ricordato di recente anche il presidente dell’Authority per l’energia, Alessandro Ortis – l’aumento di un dollaro del prezzo del barile in Europa ”genera oltre 5 miliardi di dollari di maggiori costi annuali, che si riflettono per circa un terzo nei settori dell’elettricità e del gas”. Come dimostra l’andamento delle bollette che riceviamo, da alcuni bimestri, in costante salita.
Anche sul fronte dei carburanti, in Italia i listini dei distributori sono da giorni sui massimi di 1,409 euro al litro, vale a dire quasi 2.800 lire. E sulla carta, secondo le stime degli operatori, ci potrebbero essere anche nuove cattive sorprese per il prossimo futuro: i rialzi delle quotazioni internazionali dei carburanti degli ultimi mesi non sono ancora state trasferite completamente sui prezzi alle pompe di benzina.
Per i fautori del nucleare, questi dati sono una manna, per insistere sulla necessità di riavviare la costruzione di centrali per la produzione di energia atomica.
La verità è che il rialzo parossistico del prezzo del greggio è direttamente proporzionale alle guerre in Medioriente: Iraq, Afghanistan e Libano. Basti ricordare che prima dell’invasione in Iraq, il prezzo del petrolio era di 22 dollari al barile.
Fatevi due conti: quanti soldi ci è già costata l’avventura militare americana in giro per il Medioriente, l’esportazione della democrazia, lo scontro di civiltà? Quanti soldi costa ai cittadini europei la debolezza diplomatica della Ue nello scenario internazionale? Quanti soldi ci è costato mettere all’angolo l’Onu? Quanti soldi ci costa il lasciar fare la guerra contro il Libano?
Anche chi non vuole metter mano alla coscienza è comunque costretto a metterla sul portafoglio, ogni volta che paga un bolletta, ogni volta che fa il pieno. Non è allora, la pace, oltre che più giusta e lungimirante, anche molto più conveniente? Beh, buona giornata.