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Metti un immigrato nello spot.

La Cassazione ha deciso niente adozione per quelle coppie che fanno distinzione di pelle tra i bambini. Infatti, la procura della Cassazione dice no a chi vuole essere genitore dichiarandosi indisponibile a ricevere bimbi di pelle nera o di etnia non europea.

La procura della Suprema Corte, sollecitata da un esposto dell’associazione ‘Amici dei bambini’, ha espresso questo orientamento innanzi alle Sezioni Unite che dovranno prendere posizione al più presto. Sono certo sia una decisione saggia, oltre che, evidentemente legalmente ineccepibile, essendo la Cassazione a emanarlo.

Suggestionati da bislacche tesi politiche, alla spasmodica ricerca dei piani bassi del consenso elettorale, gli italiani sembrano aver smarrito il senso del reale, non dico il senso della Storia, ma almeno quello della Geografia: siamo un Paese in mezzo al Mediterraneo, sicché ne abbiamo avuto di immigrazioni, a cominciare dai tempi della Magna Grecia.

Per non parlare delle immigrazioni indo-europee. Una volta Indro Montanelli ebbe a dire che nessuno in Lombardia potrebbe essere certo che un lanzechenecco non si sia coricato, almeno una volta, con l’antenata di una delle nostre nonne.

Ciò non di meno, a Rosarno, in Calabria, normali cittadini si sono fatti ku klux clan contro gli africani, salvo scoprire che la rivolta di gennaio era stata provocata proprio dagli schiavisti delle arance: la magistratura ha disposto una ventina di arresti tra capi clan e caporali del lavoro nero.

Ciò non di meno a Treviso, una masnada di giovinastri dell’estrema destra neo-nazi, al canto di ‘sbianchiamo Samir’ costringono una giovane fanciulla africana e i suoi amici ad abbandonare un bar del centro storico, per evitare risse. Gli avventori hanno scritto ai giornali scandalizzati, il proprietario ha fatto il vago.

Che il nostro Paese abbia bisogno di una dose forte di ragionevolezza è un fatto acclarato. Gli immigrati esistono. Essi vivono, lavorano e consumano fra noi. Essi consumano, dunque spendono. Infatti una primaria compagnia telefonica fa campagne pubblicitarie nelle loro lingue. Ho visto anche che una primaria marca italiana di merende per bambini fare campagne nelle loro lingue.

E allora, facciamo una cosa utile alla convivenza civile e magari anche al business dei nostri clienti: essi esistono, lavorano, portano i bimbi a scuola, vanno nei negozi. È giunto il momento che ‘essi’ vengano presi in considerazione anche nei ‘casting’ degli spot pubblicitari.

Noi italiani siamo multietnici dalla nascita, di che cosa abbiamo paura? Nelle scuole, nei mezzi pubblici, nelle nostre case, nei supermercati ‘essi vivono’, spendono, consumano, comprano.

Bisogna rappresentarli, magari quei coglioni di razzisti, quelli ‘che io non sono razzista, però…’ guardando lo spot, l’annuncio, l’affissione si rendono conto che quelli strani non sono ‘essi’, ma loro stessi. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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