di Massimo Giannini-repubblica.it
Corri che ti passa, consiglia il “Wall Street Journal” a chi sente i morsi della crisi, e soprattutto a chi ha perso il lavoro. Ma per gli italiani è un po’ più difficile. Provateci voi, a correre con un fardello di quasi 30 mila euro sulle spalle. Perché a tanto ammonta il debito che ciascun cittadino del Belpaese, suo malgrado, contrae e si porta appresso dalla culla alla bara.
Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, a maggio il debito pubblico ha raggiunto quota 1.752 miliardi e 188 milioni di euro. Di mese in mese, si macinano nuovi record negativi, che riportano i conti pubblici verso il baratro dei primi anni ’90 quando sfiorammo, allegramente inconsapevoli, la bancarotta argentina.
Per un debito che esplode, ci sono le entrate che implodono: anche a maggio l’ennesima contrazione del 3,2 per cento, il che vuol dire che sono andati in fumo, da un anno all’altro, oltre 5 miliardi di euro.
Crisi economica, certamente. Calo dei gettiti derivante dalla contrazione delle attività produttive, senz’altro. Ma anche, ormai è chiaro, aumento dell’evasione fiscale, incentivata da una dissennata politica del doppio binario: bastone minacciato (attraverso improbabili Global Legal Standard e inverificabili chiusure ai paradisi tributari) e carota assicurata (attraverso scudi che nascondono condoni e semplificazioni che si traducono in esenzioni).
E in queste condizioni noi dovremmo correre? Può funzionare in America, forse. Il “Wall Street Journal”, appunto, ha fatto una curiosa inchiesta. Mettendo in parallelo i risultati delle grandi maratone internazionali e gli andamenti dell’economia, ha scoperto che nelle fasi di crisi più acuta, come quella che stiamo vivendo e che è iniziata nel 2008, le performance degli atleti sono state assai migliori che in passato. La tesi è che il disoccupato ha più tempo per allenarsi, e in qualche caso è anche meno stressato del corridore che lavora e deve difendere quotidianamente il posto dalle minacce della recessione.
La tesi è suggestiva, ma per noi tutt’altro che consolatoria. Con questi drastici peggioramenti nei saldi della finanza pubblica e con questi chiari di luna sulla congiuntura, che promette un settembre nero per molte imprese a corto di ordini e di liquidità, la corsa non è una risorsa. Serve un premier che ricominci a occuparsi del governo del Paese, più che dell’organizzazione delle sue nottate. Serve un ministro che ricominci a occuparsi più dell’economia, e un po’ meno della filosofia. “Qualcuno con cui correre” era il titolo di un bellissimo libro di David Grossman di qualche anno fa. Non vorremmmo scoprirci ad essere una moltitudine, nell’autunno caldo che verrà. (Beh, buona giornata).