A un maestro violento della scuola elementare “Buon fanciullo” di Siracusa è stata confermata la condanna in Cassazione.
Secondo la sentenza i metodi di educazione rigidi e autoritari sono pericolosi, ma anche dannosi per la salute psichica degli allievi. Specie se si tratta di bambini piccoli, per i quali sembrerebbe ormai assodato che metodi che “utilizzino comportamenti punitivi, violenti o costrittivi” siano dannosi.
A una prima parziale lettura, appare una buona notizia per tutti, forse un po’ meno per il maestro di Siracusa, della cui vicenda allo stato non mi è dato di sapere niente altro che la notizia di questa sentenza.
Però, siccome sappiamo che il mobbing nei luoghi di lavoro attende ancora una legge che punisca il capo sadico, viene da pensare che ci sia qualcosa che non funziona: a scuola i guanti bianchi, poi vai a lavorare e allora calci nel sedere, o magari lo sguardo indiscreto, la “mano morta” sul didietro, la proposta indecente, la vessazione, l’accanimento gerarchico.
Ho forte l’impressione che metodi che “utilizzino comportamenti punitivi, violenti o costrittivi” siano dannosi a tutte le età. La tolleranza nei confronti di questi comportamenti sfocia spesso nell’auto-esaltazione: un capo terribile si sente un figo, un vero eroe, un pilastro dell’azienda. Essere temuti appare come un modo virile di fare il proprio dovere, tanto addirittura da vantarsene.
Non so se una legge sia il metodo più adatto a modificare comportamenti da piccolo satrapo, ma credo che da qualche parte bisognerebbe pur cominciare. Fare il forte coi deboli e il debole coi forti non è essere cazzuto, è semplicemente essere pirla. Per legge. Beh, buona giornata.
Una risposta su “Una legge anti-pirla.”
Che tristezza però doversi appellare alla legge per difendersi dagli stronzi. Sarebbe bello se fosse sufficiente il disgusto sociale nei loro confronti. Il potere che ha un capo testa a pera glielo diamo noi per primi, quando lo lasciamo fare senza riempirlo di calci nel culo.
Credo che sarebbe un atto di grande civiltà.