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Per fronteggiare la crisi il governo italiano ha investito solo 0,2 del Pil. Ecco perché siamo nei guai fino al collo.

Manovre anti-crisi Italia fanalino di coda di LUCA IEZZI

La reazione c’è stata, ma il fiume di denaro pubblico già versato difficilmente basterà e sulla sua efficacia si sbilancia solo il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Khan: “I pacchetti fiscali forniranno da 1 e 3 punti percentuali in più alla crescita quest’anno”. I suoi economisti sono più dubbiosi: i paesi del G20 hanno sì stanziato il 2% del loro Pil nei pacchetti anti-crisi ma lo sforzo “dovrà essere sostenuto, se non aumentato nel 2010”. E lo stesso Strauss-Khan ammonisce: “Con le politiche fiscali c’è un tempo per la semina e uno per la raccolta, e le politiche espansive di oggi devono andare per mano con politiche rigorose domani”.

Sull’individuazione di quel “domani” il dibattito è aperto: i deficit 2009 esploderanno. Nella Ue la Spagna ha approvato una manovra pari al 2,3% del Pil di quest’anno, la Germania 1,6%, l’Inghilterra 1,4%, difficilmente potranno replicare. L’entità della scommessa appare evidente se si mettono in fila le cifre assolute dei piani per lo più triennali gli Stati Uniti fornirà all’economia 787 miliardi di dollari (620 miliardi di euro) tra questo e l’anno prossimo, senza contare gli oltre 700 stanziati nel 2008 per sostenere il sistema finanziario.

L’Unione Europea si è mossa in ordine sparso e ogni governo ha guardato alle crisi più pesanti nel proprio cortile (le banche per il Regno Unito, l’industria automobilistica per la Germania, la disoccupazione in Spagna e il debito pubblico in Italia), variando così ripartizione e entità di ogni dei singoli pacchetti. Sommati arrivano a 350 miliardi di euro spalmati in più anni, in cui vanno considerati anche lo sforzo messo a carico sul bilancio comunitario: 30 miliardi per progetti comunitari e 50 a sostegno dei paesi dell’Est europa.

Non mancano però i punti comuni che li rendono in qualche modo confrontabili: negli aiuti alle famiglie lo sforzo maggiore lo ha fatto la Germania con 20 miliardi di mancate entrate per la riduzione delle aliquote fiscali, segue la Spagna con 14 miliardi. Nella riduzione del peso fiscale per le imprese e nel sostegno ai flussi di credito testa a testa tra Spagna e Francia (17 a 16 miliardi). Negli investimenti in infrastrutture stravince le Germania (25 miliardi).

Discorso a parte per l’Italia, secondo l’Fmi solo lo 0,2% del Pil – poco meno di 2,8 miliardi e un decimo della media mondiale – è utilizzabile come stimolo: qualche modifica in corsa alla Finanziaria e i due miliardi del dl anti-crisi che ha incentivato gli acquisti di auto moto ed elettrodomestici. Il governo dichiara invece un pacchetto da 40 miliardi di cui 16 nel 2009. La spiegazione di tale discrepanza sta nella relazione del ministero del Tesoro (Ruef): “Il governo è intervenuto soprattutto anticipando l’approvazione della manovra a giugno. A settembre quando la crisi finanziaria si è rivelata nella sua gravità, pur prevedendo interventi sostanziali non ha alterato gli effetti della manovra” che prevedeva il taglio della spesa pubblica di 59,4 miliardi in 3 anni. Una scelta mai rinnegata e che zavorrerà la ripresa nazionale. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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