La Storia non è un miscelatore tra l’acqua calda e l’acqua fredda. E, a pensarci bene, non lo è neppure la politica, la società, e men che mai la cultura, peggio mi sento per la creatività. Chi pensa bipartisan mischia la luce con l’oscuro, il fracasso col suono, il dolce con l’acido, gli odori con le puzze, il morbido con l’accidentato. Noi siamo partigiani, con tutti i cinque sensi.
La moda del bipartisan è scema, non è reale. Non affascina, annacqua. Non c’è un bicchiere mezzo pieno che si mischia con il mezzo vuoto. La vita è fatta di separazioni, dolci o drastiche, dipende da che cosa si separa: può essere un parto naturale o col cesareo, ma è comunque separazione. Il vecchio espelle il nuovo da sé, perché non ne può più fare a meno. Il nuovo rivendica l’autonomia dal vecchio, è nella sua natura, è la sua scommessa, è la sua missione, la sua finalità.
Bipartisan è un trucco per lo status quo. Ma, appunto, lo status quo è vecchio, conservatore, reazionario, insopportabile. Bipartisan è arrogante, ignorante, interessato, cialtrone e furbastro.
Noi siamo partigiani di una cultura che produca cultura, conoscenza, sapere, innovazione, bello e giusto.
Noi siamo partigiani di una politica che neghi la supremazia di se stessa: oggi la politica vuole imporre la gestione, l’amministrazione del presente. Noi vogliamo la progettazione, il rischio, la sperimentazione: nel cinema, nell’arte, nelle televisione, nel web, nella scrittura, nel teatro.
Noi siamo partigiani di una comunicazione contro il recinto degli schemi: l’immagine, la parola, la musica, il gesto, il segno devono attraversare la solitudine del creativo e le praterie dei new media senza restrizioni, compatibilità, convenienze e asservimenti bipartisan, appunto.
Noi siamo partigiani della riforma della Rai e del sistema televisivo: le tattiche bipartisan sono sotterfugi raggelanti ogni forma di nuova espressione nella comunicazione di massa. Per noi, le riforme sono punti di partenza, sono lo start up di una nuova stagione. I bipartisan credono le riforme siano punti di arrivo, da rinviare alle loro alchimie, accordi, inciuci, spartizioni. I bipartisan sono satrapi, che difendono rendite di posizione. Noi siamo partigiani, perché mettiamo in discussione non tanto quelle rendite, ma proprio quelle posizioni.
Siamo partigiani di una nuova legge sul diritto d’autore e dell’abrogazione dell’Iva sulla musica e sui film. Auditel è bipartisan: accontenta la tv commerciale e quella pubblica. Noi siamo partigiani della qualità, perché siamo contro la dittatura delle quantità.
Noi siamo partigiani della libertà di stampa e della dignità di chi la libertà di stampa la fa, scrivendo quello che pensa, non quello che fa guadagnare l’editore. Se l’editore ha paura della libertà, cambi mestiere e la smetta di parlare di libertà del mercato. Il mercato non è bipartisan, il mercato è competitivo, aggressivo, selettivo: noi siamo partigiani delle idee che diventano valore, etico, democratico, e per chi lo sa fare, anche economico. Noi siamo partigiani del rinnovo del contratto dei giornalisti.
Noi siamo partigiani di tutto ciò che è nuovo, problematico, dirompente, un poco folle, visionario e progressista: i bipartisan dicono sempre e solo quello che gli conviene. Noi siamo partigiani di tutti quelli che forzano l’esistente: dalla tv alla radio, dal web alla pubblicità, dal teatro alla grafica, dalla scrittura alle scritte sui muri, dalla musica alla pittura, dalla scultura al design, dalla filosofia alla moda, dalla giustizia all’ambiente, dalla religione alla laicità, dagli affetti al sesso, dal particolare al globale, dall’originale al meticcio.
Noi siamo partigiani delle regole, i bipartisan violano le regole. Noi vogliamo nuove regole per tutti, anche per chi non la pensa come noi. Loro violano le regole, perché bipartisan significa sentirsi al di sopra delle regole degli altri. Noi siamo partigiani. Buon 25 Aprile. Beh, buona giornata.
Una risposta su “25 Aprile 2007, meglio partigiani che bipartisan.”
E’ un bel proclama d’ intenti !!!
Mi associo e mi riconosco in pieno in quel “noi” che mi sembra d’ intendere riguardi da vicino la categoria dei “Comunicatori”, ancorchè partigiani…
Bruno