di Lidia Ravera – da lidiaravera.it
Nessuno ha il copyright sulla parola “Libertà”. E’ una parola forte, corteggiata da ogni pubblicitario. Si può esseri liberi dalla forfora o dal fascismo, si può conquistare un certo tipo di “libertà” grazie ai tampax e un altro grazie al sacrificio di chi senza libertà non vuole vivere.
Nel grande circo delle merci, da sempre, volano parole grandi. Si offrono slogan, si organizza il gradimento dei possibili consumatori, si cerca di farsi preferire. In queste tecniche Silvio Berlusconi è un vero maestro, per questo il suo partito è così ben piazzato.
Nessuno, come lui, sa vendere la sua merce. E, in questi giorni, ne ha dato una serie di prove stupefacenti: ha saputo sfruttare con metodo il grande palcoscenico del terremoto. Era lì, e poi di nuovo lì e poi di nuovo lì. Alle esequie si staccava dalla nomenclatura per stringersi alle vedove e agli orfani. Bravo: è così che si fa, si fa finta di fondersi con il popolo per distinguersi dalla banale posizione di “rappresentanza” di tutti gli altri politici. Non contento, spostava il G8 dall’isola de La Maddalena al martoriato Abruzzo, sostituendo, come fossero fondali di teatro, l’azzurro smagliante del mare della Sardegna con il grigio- polvere di una dolorosa distesa di detriti. Il mondo guarderà quello scenario. E chi avrebbe voluto approfittare dello sguardo del mondo per contestare o inchiodare alle proprie responsabilità i potenti, non potrà farlo.
Non si porta disordine fra i morti, conflitto fra i senza tetto, angoscia fra gli sfollati. Perciò: niente opposizione. E’ questa l’idea di pace del venditore più furbo del mondo. Il 25 aprile ricorda “la libertà”, non la liberazione. Non ricordiamo la lotta fra chi appoggiava il nazifascismo e chi lo combatteva, questa vecchia storia antipatica, ma la festa del giorno dopo. Tutti “liberi e belli”, basta usare un certo tipo di shampoo. Fa miracoli. (Beh, buona giornata).
TRATTO DA: lidiaravera.it