di Chiara Pozzoli da advexpress.it
L’advertising sui social network, ovvero nuove forme di pubblicità che tengano conto delle caratteristiche dei siti di user generated content. Se è vero che non è ancora stata trovata la ‘formula magica’, è altrettanto vero che bisogna pensare oltre al tradizionale banner e ‘vincere la pigrizia’. La riflessione al centro del convegno Nielsen Online.
La raccolta pubblicitaria sui siti di social network non è commisurata alla loro audience e al livello di coinvolgimento degli utenti; ovvero non è ancora stata trovata la ‘formula magica’ per realizzare il miglior abbinamento tra social network e pubblicità. Questa la riflessione che ha dato il via al convegno svoltosi ieri presso la sede Nielsen di Corsico (Mi), dal titolo ‘L’advertising nell’era dei social network’.
Luca Bordin, managing director Italy Nielsen Online, ha presentato i dati sul fenomeno dei social network elaborati da Nielsen Online (aggiornati a dic 2008 vs. dic 2007) su dati globali (Global Index, dove per ‘Global’ si intendono i paesi in cui è presente il panel NetView: Usa, Brasile, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera e Australia). Le dimensioni sono impressionanti: due terzi degli utenti internet visitano blog e social network e questi ultimi costituiscono oggi la quarta categoria più visitata (dopo search, portali generalisti e produttori di software) con 242 milioni, con la differenza che il tasso di crescita delle member community è più che doppio rispetto alle altre categorie. Per non parlare del tempo speso sui social network, cresciuto a livello globale del 63% nell’ultimo anno, contro il 18% di crescita del tempo trascorso su internet in generale. L’attore principale è Facebook. Tante le ragioni del suo successo, dal design al focus su networking e conversazione; basti pensare che il ‘tempo globale’ ha fatto registrare un +566% negli ultimi 12 mesi.
Verso la ‘brand generated content’
Un dato, però, fa riflettere: parlando di adv a livello globale, Myspace è più piccolo di Facebook e la sua audience si è stabilizzata, ma la sua offerta incentrata su contenuti e intrattenimento riesce ad attirare investimenti pubblicitari maggiori. I dati lo dimostrano: la raccolta pubblicitaria di Facebook nel 2008 è stata di circa 300 milioni di dollari, contro il miliardo di MySpace. Per ogni 10mila utenti unici, Facebbok ha avuto 0.36 inserzionisti, MySpace 1.51. La crescente mancanza di fiducia nell’advertising classico, il potere del passaparola come elemento influente nelle decisioni d’acquisto (in Italia, il 18% degli utenti internet esprime on line il giudizio positivo o negativo su un bene/servizio acquistato e il 27% legge le opinioni degli altri consumatori), nonché la necessità di utilizzare i social network come un vero e proprio canale di comunicazione adattando l’advertising alle modalità di interazione e alla filosofia degli user generated content, sono stati al centro della tavola rotonda seguita alla presentazione dei dati.
Layla Pavone, presidente Iab Italia, ha fatto una distinzione tra l’aspetto sociologico dei social network e le implicazioni per l’advertising e, all’interno di quest’ultimo ambito, tra le forme tradizionali di pubblicità e il ‘convertising’, ovvero una forma di pubblicità che utilizzi lo strumento della conversazione e della convergenza. “La maggiore fonte di business – ha specificato Pavone – è oggi costituita dalla prima tipologia, ovvero dalla tradizionale tabellare convertita in banner on line. Interessante, invece, sarebbe sviluppare maggiormente un ambito di comunicazione basato sul dialogo e sull’interazione con il consumatore. In questo caso si gioca una partita diversa, complementare all’advertising, che entra nei microcosmi delle persone. Una strada fatta di vero engagement, ma più difficile rispetto alla via tradizionale”.
Sceglie di evitare classificazioni troppo rigide come quelle del ‘2.0’ Salvatore Ippolito, sales director Microsoft Advertising: “Oggi si parla di Facebook, ma domani sarà già obsoleto e si guarderà a nuove frontiere. Il vero valore su cui riflettere è il tempo. È stato calcolato che nel 2010, a livello europeo, il tempo medio speso su internet sarà di 14 ore a settimana, mentre davanti alla Tv 11,5 ore”. Secondo Ippolito non esisterebbe una ‘formula magica’ per conciliare social network e advertising: “Pensiamo a un advertising che rientri in strategie integrate di comunicazione e che tenga in considerazione la variabile tempo”. Francesco Barbarani, country manager MySpace Italia, ha ammesso che su MySpace il grosso della raccolta pubblicitaria è costituito da banner. “La frontiera successiva alla tabellare tradizionale su internet sarà la ‘brand generated content’, ovvero l’azienda che dialoga con il consumatore, che entra nel mondo dell’utente per ‘flirtare’ con lui generando la sua fiducia. Su MySpace il messaggio pubblicitario è sempre ‘soft’, non invasivo e questo è uno dei motivi del successo”.
Case history: Bacardi B-Live su MySpace
Quale che sia la ‘formula magica’, insomma, il denominatore comune deve essere un’attenzione alla privacy dell’utente, la stimolazione del dialogo con il consumatore, un messaggio che non sia mai imposto ma quasi cercato e discusso dallo stesso navigatore, attraverso, ad esempio, la creazione di fan page. Un’operazione di questo genere è stata realizzata nel 2008 da Bacardi.
Gabriele Pizzutto, brand manager Bacardi (Martini & Rossi, Gruppo Bacardi-Martini) ha presentato la case history del B-Live, che lo scorso anno ha riunito al terminal dell’aeroporto di Bologna 6.000 persone per un evento che ha fatto della musica il proprio punto di forza. Musica ed entertainment riportano immediatamente a MySpace, ed è proprio su questo sito che è stato creato, prima dell’evento, un profilo ad hoc, all’interno del quale era possibile partecipare a un concorso per deejay ed esibirsi al B-Live. “La sfida – ha affermato Pizzutto – era coinvolgere anche chi non avrebbe fisicamente partecipato all’evento. I risultati hanno premiato l’advertising on line: 26.000 visite su bacardilive.it in 30 giorni e 9.000 pagine visitate su MySpace. Il sito Bacardi Italia, inoltre, è balzato al terzo posto come numero di accessi dopo Cina e Usa”.
Troppa pigrizia verso l’adv on line
Una raccomandazione è arrivata da Pavone: “Le operazioni sui social media vanno misurate e, in ogni caso, prima di partire con una campagna di advertising, le aziende devono utilizzare le realtà dei social network come prezioso canale di ascolto”. Non è mancata, infine, una nota polemica: “C’è ancora, in Italia, una forte pigrizia verso forme di advertising creativo e contestualizzato. Le stesse agenzie creative, che spendono milioni di euro per girare uno spot dall’altra parte del mondo, quando devono investire sull’on line per un discorso di rilevanza del messaggio, di aderenza al target e di innovazione, pianificano un solo banner… è evidente che ci sia troppa pigrizia”. (Beh, buona giornata).
Chiara Pozzoli