Non c’è più religione. E’ scoppiata una lite “in famiglia” tra un parroco e la perpetua. Ha rischiato una denuncia per lesioni un anziano parroco di un paese alla foce del fiume Magra (La Spezia) che durante un alterco scoppiato per futili motivi si è messo a lanciare piatti alla sua perpetua. Erano passate da poco le 22 quando la donna, in evidente stato di alterazione, dalla canonica ha chiamato i carabinieri per chiedere aiuto. In pochi minuti una pattuglia dei militari dell’Arma guidati dal tenente Alessandro Coassin, della compagnia di Sarzana, è intervenuto e ha calmato gli animi. La donna, che non ha subito alcuna lesione, ha deciso però di non sporgere querela. Proprio come fanno le mogli quando i mariti violenti vanno fuori di testa.
La Chiesa Cattolica continua a essere contraria a ogni forma di “civile convivenza” tra adulti consenzienti, quello che l’acronimo chiama Pacs. E questo piccolo episodio di cronaca, che sembra tratto dalla fiction “Don Matteo” ci dà la misura della sproporzione tra la realtà dei fatti moderni e la vecchia consuetudine seconda la quale le donne fanno i servizi di casa agli uomini.
L’idea stessa che ancora oggi esista la figura manzoniana della perpetua è al tempo stesso un poco comica e altrettanto penosa. Ma ognuno ha il diritto di fare della propria vita quello che ritiene giusto e utile.
Che è una professione di libertà e tolleranza nei confronti del clero che sarebbe gradita il clero restituisse, in egual misura, nei confronti di chi, credente o non credente decidesse di convivere e di regolarizzare, attraverso i Pacs la propria scelta di vita in comune. E poi, come si fa a biasimare chi intende assumersi obblighi di fronte alla legge? E perché si dovrebbe impedirglielo: dove sta scritto che l’estensione dei diritti soffoca i diritti precedenti. Vuoi sposarti? Sposati. Vuoi convivere? Convivi. Basta che non maltratti la persona con la quale dividi il tetto.
Il fatto che tetto faccia rima con letto, anche questo è alla responsabilità dei singoli, adulti e consenzienti. Perché c’è una terza rima possibile, che forse è la prima parola da usare: rispetto. Anche tra un parroco e la sua perpetua. A questo servono le leggi e non servono le scomuniche. Beh, buona giornata.
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