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Popoli e politiche

Lo scaricabarile (di petrolio).

Il Brent, greggio di riferimento europeo, ha toccato quota 78 dollari per la prima volta nella storia, mentre il greggio americano, la scorsa notte, era arrivato al nuovo record di 78,40 dollari al barile. A rendere più promettente il quadro generale e a fornire nuovo propellente ai prezzi del greggio contribuisce il contenzioso sul nucleare […]

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Il Brent, greggio di riferimento europeo, ha toccato quota 78 dollari per la prima volta nella storia, mentre il greggio americano, la scorsa notte, era arrivato al nuovo record di 78,40 dollari al barile.
A rendere più promettente il quadro generale e a fornire nuovo propellente ai prezzi del greggio contribuisce il contenzioso sul nucleare dell’Iran, con il rischio di sanzioni Onu, che potrebbe ridurre la produzione di greggio.

Il mercato petrolifero gioca su più tavoli della geopolitica: la felice evenienza della rottura dei colloqui per il nucleare nordcoreano, ma anche la guerriglia in Niger.
Il quotidiano Guardian di Lagos ha riportato la notizia del sabotaggio di un oleodotto della Nigerian Agip Oil Company che avrebbe causato la perdita di 120.000 barili quotidiani.
Lo riferisce l’Ansa, che riporta anche di una smentita dell’Eni, che ammette solo un danneggiamento alla rete di raccolta di una struttura di collegamento stimando la soluzione del problema “a breve, con una perdita di materiale irrilevante”.

E per finire, utile e dilettevole sarebbe l’avvicinarsi della stagione degli uragani negli Usa, fortemente sperata dopo i disastri causati nel 2005 da Katrina e Rita, che misero in mora per qualche tempo le piattaforme petrolifere nel Golfo del Messico, favorendo una benefica riduzione della produzione.

Un pacchia per gli analisti: infatti, sulla base dell’evoluzione dei prezzi e delle crisi geopolitiche, sembra prospettarsi uno scenario simile allo choc petrolifero del 1974 che spinse il rialzo delle quotazioni, innescato dall’embargo del greggio seguito al conflitto arabo- israeliano del 1973. Dunque, potrebbero essere dolori acuti per la ripresa economica, con ripercussioni sull’inflazione e sui consumi, soprattutto per i paesi importatori, come, ad esempio, l’Italia.

A rigor di logica, avremmo tutto l’interesse, non solo umano e civile, a fermare i conflitti: essi danneggiamo la nostra economia, favorendo alcuni a scapito di tutti gli altri. Ma si sa che, nell’era della grande guerra contro il terrorismo islamico, chi chiede pace sembra essere un fellone, uno che si rifiuta di difendere i valori occidentali, il nostro stile di vita. E’buffo comprendere come sia possibile questo rovesciamento della realtà: per difendere il mio stile di vita, dovrei fare in modo, per esempio che il petrolio, principale fonte di energia, che mi permette di produrre e consumare, non schizzi fuori controllo. Prima della guerra in Afghanistan e dell’invasione dell’Iraq, tanto per fare ancora un esempio, il petrolio costava 22 dollari al barile.

Tuttavia, questa è la semplice legge della domanda e dell’offerta: più guerra meno petrolio, meno petrolio prezzi più alti. Prezzi più alti, più alti i profitti.
Il fatto che stiamo per raggiungere il ragguardevole record degli 80 dollari al barile appare come un manna per il mercato petrolifero, proprio sulla scia delle tensioni in Medio Oriente e dell’azione militare di Israele contro gli attivisti Hezbollah.

Vi state chiedendo cosa stanno facendo in queste ore Onu, Usa e Ue? Semplice: lo scaricabarile (di petrolio).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

2 risposte su “Lo scaricabarile (di petrolio).”

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