di Paolo Ferrero da liberazione.it
Le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il lavoro nei primi mesi di quest’anno rappresentano plasticamente la gravità della crisi. Una crisi che non è caduta dal cielo, non è il frutto di qualche cattivo banchiere che ha falsato le regole del gioco; una crisi che è il frutto proprio di quelle politiche liberiste che i capitalisti hanno portato avanti dagli anni ’80 e che sono state condivise a livello politico sia dal centro destra che dal centro sinistra.
Al centro di queste politiche abbiamo avuto la finanziarizzazione dell’economia e la sistematica compressione dei salari, delle pensioni e dello welfare. Politiche tutte orientate all’esportazione e alla speculazione finanziaria a breve hanno prodotto la situazione attuale: le banche sono piene zeppe di titoli che non valgono nulla e milioni di lavoratori non hanno i soldi per arrivare a fine mese, cioè per comprare le merci e i servizi che producono.
Questa crisi è quindi una crisi del meccanismo di accumulazione capitalistico, non solo una crisi economica ma ambientale e alimentare. Da una crisi di questa natura non è possibile uscire senza una radicale messa in discussione della distribuzione del reddito e del potere e senza riprogettare il modello di sviluppo: cosa, come, per chi produrre.
Se non si affrontano tali nodi, l’idea che la crisi sia destinata dopo un po’ a risolversi “da sola” e che quindi si tratti solo di aspettare, è sbagliata.
Da questo punto di vista è evidente che la politica che sta facendo il governo Berlusconi non è finalizzata all’uscita dalla crisi da piuttosto all’uso della crisi a fini politici.(Beh, buona giornata).