di Stephen M. Walt* – «Foreign Policy»
Oggi mi è capitato di ripensare alle differenze tra due ex-funzionari del governo, e di come queste siano indicative per comprendere il perché gli Stati Uniti stiano attraversando un periodaccio.
Il primo funzionario è Eugene Kranz, il leggendario direttore di volo della NASA che il film Apollo 13 ha reso immortale.
Venerdì sera ho rivisto il film e sono rimasto colpito dalle sue notevoli capacità di coordinazione della squadra che ha improvvisato il salvataggio degli astronauti, dopo che un’esplosione mise fuori uso lo shuttle e spedì i piloti verso una morte quasi certa.
Molti lettori probabilmente ricorderanno la scena in cui Kranz dice ai suoi colleghi: “Il fallimento non è un’opzione”. Questa frase sarà pure apocrifa ma, quando studio la vasta gamma di problemi che stiamo affrontando a casa e all’estero, mi viene da pensare che ci vorrebbero più persone come Kranz in ruoli chiave del nostro governo.
Certo, so benissimo che stiamo parlando di un film, ma la recitazione di Ed Harris riesce a rendere fedelmente ciò che sappiamo del vero Kranz. In primo luogo, era un leader disposto ad assumersi piena responsabilità per le sue azioni. Ecco ciò che ha detto ai suoi colleghi in seguito al tragico incendio sulla piattaforma di lancio dell’Apollo 1, incidente in cui gli astronauti Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee hanno perso la vita:
«Il volo spaziale non tollera trascuratezza, incapacità o negligenza. Abbiamo sbagliato: in qualche modo, da qualche parte. Potrebbe essere stata una leggerezza nella progettazione, nella costruzione o nelle fasi di test. Qualsiasi cosa sia stata, l’avremmo dovuta individuare in tempo. Eravamo troppo concentrati sulla tempistica ed abbiamo tralasciato molti dei problemi che, quotidianamente, avevamo sotto i nostri nasi. Ogni elemento del progetto era nei guai, e noi con lui. Nessuno, tra noi, ha sbattuto il pugno sul tavolo ed ha detto: “Dannazione, fermatevi!”. La causa siamo noi! Non eravamo pronti! Non abbiamo fatto il nostro lavoro… d’ora in poi, la Direzione di Volo sarà conosciuta per due parole chiave: “Tenace” e “Competente”. “Tenace” significa che saremo per sempre responsabili per ciò che abbiamo fatto e per ciò che non siamo riusciti a fare. “Competente” significa che non daremo mai nulla per scontato. Appena abbiamo finito con questo incontro, voglio che andiate nei vostri uffici: la prima cosa che dovete fare è scrivere queste due parole sulla lavagna. Tenace e competente. Non cancellerete mai più. Ogni giorno, quando entrerete nelle vostre camere, queste parole vi ricorderanno il prezzo pagato da Grissom, White e Chaffee. Queste parole sono il prezzo che pagheremo per l’ammissione alla Direzione di Volo.»
È questo genere di mentalità che ci ha permesso di arrivare sulla Luna, costruire un’economia forte e, quando è stato necessario, vincere una guerra.
Ora, paragonate quella dichiarazione onesta e sincera con il comportamento di un altro ex-funzionario governativo: Richard Perle. In un articolo pubblicato di recente su «The National Interest» ed in un’apparizione pubblica al Nixon Center, Perle ha cercato di convincerci che né lui né i suoi compagni neocon hanno avuto alcun ruolo di rilievo della politica estera del governo Bush, specialmente sulla decisione di invadere l’Iraq. Entra nel vivo della questione, specificando che è “falso affermare che la rimozione di Saddam, ed in generale la linea politica di Bush, sia venuta o sia stata fortemente influenzata da ideologi neoconservatori”. Perle insinua che nessuno ha mai dimostrato la veridicità di questa influenza, sforzandosi di ignorare la valanga di libri ed articoli che testimoniano il contrario. Al massimo, quando lo ritiene necessario, Perle distorce il contenuto di questi ultimi.
L’Iraq è stato una sconfitta e gli Stati Uniti non riescono a liberarsene: non ci sorprende che Perle tenti di rinnegare il proprio operato. Ma, quando la guerra aveva un aspetto più promettente, dichiarava esattamente il contrario. In un intervista con il giornalista George Packer, riportata nel suo ultimo libro The Assassins’ Gate, Perle descrisse il ruolo chiave che i neoconservatori svolsero nell’architettare la futura guerra:
«Se Bush avesse riempito il suo governo di persone selezionate da Brent Scowcroft e Jim Baker, cosa che sarebbe potuta accadere, tutto sarebbe stato molto diverso. Avrebbero portato un bagaglio di idee differenti, rispetto a quelle che hanno guidato i membri dell’amministrazione Bush.»
Perle parlava di neocon di spicco come Douglas Feith, I. Lewis “Scooter” Libby, Paul Wolfowitz ed altri, che fin dalla fine degli anni ’90 chiedevano apertamente un cambiamento di regime in Iraq ed hanno fatto pesare il loro ruolo nel governo per scatenare una guerra in seguito all’11 settembre. Sono stati aiutati da pundit in sintonia con le loro idee, trincerati in strutture come l’American Enterprise Institute e il «Weekly Standard». È difficile immaginarsi una cabala segreta oppure una cospirazione neocon: esprimevano le loro idee nel modo più pubblico e chiassoso possibile. Nessun serio studioso può affermare che abbiano “ipnotizzato” o ingannato Bush e Cheney per convincerli a scatenare una guerra. Più che altro, molte fonti ci dimostrano come i neocon pressassero perché si facesse guerra fin dal 1998 ed hanno continuato sulla stessa linea dopo l’11 settembre. Come in seguito ha ammesso il pundit neoconservatore Robert Kagan, lui e i suoi compari hanno avuto successo anche perché avevano una “visione del mondo preconfezionata” che sembrava fornire una risposta alle sfide che gli Stati Uniti avrebbero dovuto affrontare dopo l’11 settembre.
La morale di tutto questo è molto semplice: Richard Perle mente. Ciò che più inquieta non è stato lo sfacciato tentativo di falsificare la storia da parte di un ex funzionario del governo; Perle non è il primo legislatore a farlo e certamente non sarà l’ultimo. La vera fonte di preoccupazione è che Perle e gli altri neocon non hanno praticamente subito alcuna conseguenza per aver causato uno dei più grandi disastri della storia della politica estera americana. Se qualcuno può dare una mano a cucinare una guerra folle e rimanere un rispettato addetto ai lavori di Washington – esattamente come Perle – che rischi corre se, in seguito, può tranquillamente mentire?
Teniamo a mente qualche fatto. Perle e i suoi amichetti neocon hanno contribuito allo sviluppo e alla “vendita” di una linea politica che ha ucciso più di 4mila soldati statunitensi e ne ha ferito più di 30mila, è stata direttamente responsabile della morte di decine di migliaia di iracheni e costerà allo stato più di un trilione di dollari. E, al posto di avere l’integrità ed il coraggio per ammettere gli errori ed il suo ruolo in questa faccenda (come avrebbe fatto una persona onesta, ad esempio Gene Kranz), si occupa di spruzzare una nube d’inchiostro fatta di menzogne e prevaricazioni. Sebbene le sue affermazioni assurde siano state messe in discussione subito, e con ottime argomentazioni, qualcuno pensa sul serio che sarà costretto a pagare un prezzo maggiore per le sue azioni? Il «National Interest» ha colto al volo l’occasione per pubblicare le sue revisioni storiche e, senza dubbio, organizzazioni prestigiose come il Council on Foreign Relations saranno felici di dargli una platea per successive conferenze. Lo troverete su «Lehrer Newshour» e la CNN; cavolo, potrebbe addirittura finire su Fox News con una trasmissione tutta sua.
Dobbiamo riconoscerlo: il senso di responsabilità è evanescente a Washington, dove aver sbagliato implica non doversi mai scusare. Non è neanche necessario prendersi la responsabilità per gli errori passati, a prescindere dalla loro gravità. Alla fine dei giochi, il prezzo sarà sempre pagato con i soldi dei contribuenti e la vita dei soldati.
Come Frank Rich ed altri hanno ben compreso, oggi siamo nei guai perché abbiamo permesso che una cultura di disonestà e corruzione permeasse le nostre istituzioni ed il pubblico dibattito. Finché questo non cambierà, finché le nostre istituzioni non conterranno più Gene Kranz e meno bugiardi come Richard Perle, non sapremo che posizioni prendere, qual’è la nostra destinazione e chi è degno della nostra fiducia. Beh, buona giornata).
Articolo originale: Richard Perle is a Liar .
Traduzione per Megachip di Massimo Spiga
* Stephen M. Walt, l’autore di questo articolo, è professore di Relazioni Internazionali alla Harvard University.
Richard Perle (New York, 1941), detto ‘il Principe delle Tenebre’, fondatore del PNAC, è anche nel think tank neoconservatore American Enterprise Institute (AEI), un esperto dell’Institute for Advanced Strategic & Political Studies (IASPS), amministratore del Center for Security Policy, nonché della Foundation for the Defense of Democracies, del Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA, collegato all’Hudson Institute), del Washington Institute for Near East Policy (WINEP), editorialista principale del «Jerusalem Post». Strettamente legato alla destra israeliana.