di Luca Lippera da ilmessaggero.it
ROMA (2 marzo) – Più dubbi – e quali dubbi – che altro. Il test del Dna sui romeni in carcere da dodici giorni per lo stupro della Caffarella ha dato risultati che potrebbero stravolgere l’inchiesta dalle fondamenta. Gli investigatori hanno chiesto una ripetizione degli esami dopo aver appreso i risultati ufficiosi delle prime analisi: i profili genetici dei due immigrati arrestati per la violenza non corrisponderebbero, con il grado di certezza richiesto dalle leggi, a quelli individuati sui vestiti, sul corpo e sugli organi sessuali della vittima. Un’equipe di biologi ha lavorato anche ieri, domenica, nel laboratorio della Criminalpol al Tuscolano, perché la pressione degli inquirenti è possente. È chiaro che tutta la vicenda sarebbe da riconsiderare se scarseggiassero i cosiddetti “punti di contatto” tra il Dna dei presunti mostri e i Dna individuati sulla ragazzina che ha denunciato l’aggressione.
I risultati ufficiali verranno consegnati tra oggi e domani al pubblico ministero Vincenzo Barba. Lo stupro di San Valentino, avvenuto a pochi giorni da quello di Guidonia, ha scosso la città. La cattura dei due romeni, Karol Racz, 36 anni, e Alexandru Isztoika, 19, sembrava aver tacitato ansie e paure. Almeno, hanno pensato in tanti, li hanno presi. Ma le incertezze che sembrano nascere dalle analisi non sono da niente: il Dna di Racz, il bassetto con la faccia da pugile, non avrebbe alcuna “somiglianza” con il profilo genetico individuato sui tamponi. Quello di Isztoika, secondo indiscrezioni, ha solo “alcune analogie” con le tracce di liquido seminale trovate sui vestiti della vittima. Insomma: i veri colpevoli, se tutto stesse così, potrebbero essere ancora liberi.
Ma c’è di più. I problemi nell’inchiesta non sembrano legati solo alla genetica e ai suoi misteri. Dalla Questura si fa sapere che i «due fidanzatini verranno risentiti per chiarire alcuni punti che restano oscuri». Quali siano le «ombre» per ora non è chiaro, perché la polizia, mai come questa volta, parla con il contagocce. Si percepiscono però diversi scricchiolii. Uno, il più insistente, riguarda i telefonini. Non quelli rubati (e mai ritrovati) ai fidanzatini della Caffarella, bensì quelli dei presunti stupratori. Gli apparecchi, all’ora della violenza sessuale, le sei e mezzo di pomeriggio del 14 gennaio, non erano agganciati ai ripetitori telefonici nella zona della Caffarella. Sembra che i cellulari di Racz e Isztoika fossero ognuno in zone diverse della città. Gli investigatori, che finora non hanno divulgato la notizia, hanno fatto notare come «non sia affatto detto che due rapinatori portino con sé i cellulari ogni volta che assaltano qualcuno». Ma i dubbi sul Dna, ovviamente, potrebbero far riconsiderare sotto una diversa luce anche questo “dettaglio”.
Isztoika, il “biondino”, e Racz sono tuttora in isolamento a Regina Coeli con l’accusa di stupro e rapina. Il primo, fermato nel pomeriggio di martedì 17 febbraio dagli agenti del commissariato Primavalle, confessò la notte successiva dopo un lungo interrogatorio nelle stanze della Squadra Mobile. Ma tre giorni dopo, sentito in carcere da Valerio Savio, giudice delle indagini preliminari, ritrattò tutto, sostenendo di aver subito in Questura «pressioni fortissime». C’era già, nella vicenda, un giallo che resta tale. La mattina della cattura di Isztoika una sua foto segnaletica era apparsa su un quotidiano gratuito. Gli agenti di Primavalle conoscevano il romeno perchè bazzicava la zona, ma dissero di aver saputo solo dal giornale che era ricercato. Misteri.
Racz è stato catturato a Livorno, su indicazione del presunto complice, la mattina di mercoledì 18 febbraio. Era in un campo nomadi. Disse subito: «Io non faccio queste cose». Non ha più cambiato versione. Ma gli agenti della Mobile di Roma, diretta da Vittorio Rizzi, avevano dalla loro elementi ritenuti «solidi e decisivi». La quindicenne vittima della violenza, dopo aver fornito una descrizione degli aggressori, dopo averne “ricostruito” i “fotokit” «con l’ausilio di una psicologa», dopo aver visto mazzi di foto segnaletiche, disse di aver riconosciuto il “biondino”. Cioè Alexandru Isztoika, ex pastore in Transilvania. Quattro zingari di Torrevecchia, giorni fa, si sono presentati in Questura offrendo un alibi a Racz. Ma il caso, dopo giorni di indagini frenetiche, veniva ormai ritenuto chiuso.
Ora tutto potrebbe complicarsi. La Questura invita alla «massima prudenza». «Cè un approfondimento sul Dna – ammette un funzionario – Ma aspettiamo a trarre conclusioni. Bisognerà vedere quanti sono i punti di contatto tra i profili del tampone e quelli degli indagati. Se ci sono discrepanze, quale “parte” del codice genetico riguardano? Una parte decisiva o irrilevante? Sono cose complesse. È chiaro che se i biologi accertassero diversità importanti, saremmo i primi a richiedere una mole di accertamenti in tutte le direzioni». A quel punto – chissà – potrebbe rispuntare l’ombra dell’uomo senza quattro dita. Se ne parlò, subito dopo lo stupro, come uno dei possibili autori della violenza. Non se ne scrisse sui giornali, anche se la vittima aveva accennato alla mutilazione, perché farlo avrebbe potuto aiutare un fuggiasco e configurare il reato di favoreggiamento. Poi il “monco”, così come era apparso, sparì. Tanto, dopo una lunga conferenza stampa in Questura, c’erano Isztoika e Racz, due romeni: i “mostri” che tutta Roma attendeva. (Beh, buona giornata).