di ILVO DIAMANTI da repubblica.it
Penso che Dario Franceschini abbia un profilo adatto a guidare il Partito Democratico. Il più lontano dal modello-Berlusconi. E dal gruppo dirigente che ha guidato il Pd e i partiti da cui proviene. Rispetto a Berlusconi, è proprio l’opposto. Non è mediatico, telegenico, imprenditore, anziano, potente, ricco. Cattolico ma non teodem. Rispetto agli altri leader del Pd: non è un ex. Al massimo: dirigente del Movimento Giovanile della Dc. La sua ascesa politica avviene attraverso il Partito Popolare e quindi: la Margherita, l’Ulivo e il PD. Insomma una storia vissuta dentro la seconda Repubblica. Non è neppure un capo corrente o un cospiratore. Insomma: non è un Caimano e neppure uno Scorpione. Ma neanche un Americano.
Se guardiamo ai suoi predecessori del centrosinistra, l’unico a cui può essere accostato è Prodi. Non perché gli somigli. Prodi era assai più coinvolto nella storia della prima Repubblica (per quanto da tecnico; e poi, non è una colpa). Ma per immagine. Prodi, tuttavia, è anche l’unico – mai dimenticarlo – che abbia sempre vinto contro Berlusconi. Magari di poco, pochissimo. Con un pareggio vittorioso. Ma non importa: lui, almeno, contro Berlusconi non ha mai perso. Anche perché è così diverso e alternativo rispetto al Cavaliere. Come Prodi, peraltro, Franceschini sullo schermo viene male. Uno dalla faccia onesta e bonaria, che meno va in tivù meglio è. (Anche se, a differenza di Prodi, in tivù ci va fin troppo. Dovrebbe auto-limitarsi). Perché i buoni in questa stagione politica non van di moda. Nemmeno gli onesti. Però da lui compreresti un’auto e anche una bici usata. Anche se è determinato e duro la sua parte. Altrimenti uno non diventa segretario del Pd, il secondo partito italiano. Il primo del centrosinistra, fino ad oggi.
Franceschini, insomma, ha tutto per sfidare Berlusconi. Perché è lo specchio dell’Altra Italia. Quella che oggi è all’opposizione. Minoranza precaria. Ma, forse, con una rappresentanza più adeguata potrebbe anche cambiare. Comunque, riuscire a competere. Giocarsela. E’ già avvenuto anche poco tempo fa. Nel 2006 destra e sinistra, almeno, erano pari.
Ieri, peraltro, Franceschini ha fatto un discorso serio e – ancora una volta – onesto. Ma rischia di pagare il vizio d’origine, come non abbiamo mancato già di osservare. Il modo in cui è stato designato. Da un’assemblea costituente eletta a sua volta per costituire il Pd, ma non per funzionare da organismo congressuale. Per eleggere il segretario, per quanto provvisorio. Una ratifica, insomma, arrivata dopo che Franceschini è stato “nominato” dal suo predecessore, con il consenso – magari non entusiasta – degli altri leader. Quasi una cooptazione ad opera dei soliti noti. Per cui anche se ha la biografia e la faccia giusta, ha seguito un percorso sbagliato. Ma per questo rischia di avere un futuro corto. Lui insieme al Pd. Franceschini dovrebbe, per questo, ascoltare il suo unico avversario di questa occasione: Arturo Parisi. E soprattutto la voce di tanti elettori del Pd. Promuovere una consultazione popolare vera, nei prossimi mesi. Non le primarie, che servono a selezionare il candidato a una carica istituzionale: il premier, il sindaco, il governatore. Ma una consultazione ampia quanto le primarie. Chiamiamole “primarie congressuali” da svolgere a fine aprile. Aperte a tutti coloro che si riconoscano nel Pd. E intendano votare il segretario e gli organismi del partito. Disposti, al tempo stesso, a iscriversi, pagando una tessera low cost, ma comunque impegnativa: 8 o 10 euro, ad esempio. Un congresso vero ma largo e ampio come le primarie. In cui si misurino tutti coloro che davvero intendono guidare il Pd. Senza rete. Prima della tornata di elezioni europee e comunali di giugno. Non c’è tempo? Ma chi l’ha detto…
Comunque, queste “primarie congressuali” funzionerebbero da campagna elettorale mobilitando simpatizzanti e volontari in tutto il paese. Permetterebbero il confronto e la verifica intorno ai temi topici: la bioetica, le alleanze, la crisi, la sicurezza… Franceschini avrebbe ottime possibilità di vincerle, tanto più se avesse il coraggio di sfidare tutti, apertamente. Ribellandosi al destino di leader “secondario”, come lo descrive la matita acuminata di Giannelli sul Corriere di oggi. Lui, segretario provvisorio e precario, quasi uno specchio di questo paese precario e provvisorio, dove soprattutto i giovani sono attesi da un futuro precario e provvisorio quanto il suo. Faccia quel che gli altri dirigenti e l’assemblea del Pd non hanno avuto il coraggio di fare. Lasci da parte la paura di votare. Ha tutti i requisiti per spiccare il volo. (Beh, buona giornata).