di MASSIMO GIANNINI da repubblica.it
La scelta di Walter Veltroni è dolorosa, ma anche doverosa. Da troppi mesi il Pd si dibatte in una crisi tormentata e complessa, che investe il suo profilo politico, i contenuti della sua piattaforma programmatica, la forza della sua leadership, e soprattutto il suo rapporto con l’opinione pubblica.
Il voto di ieri, e le dimissioni del segretario, sono solo l’epilogo di una crisi d’identità che era già contenuta nel risultato delle elezioni del 13 aprile di un anno fa, e che si è ulteriormente aggravata prima con la sconfitta in Abruzzo, ora con la disfatta in Sardegna.
Prima che la casa bruci, e che del Pd non restino altro che macerie, Veltroni ha fatto la cosa giusta: si è fatto da parte, con una mossa che tuttavia chiama in causa, per un’assunzione di responsabilità collettiva, l’intero gruppo dirigente che in questi mesi ha gestito il partito insieme a lui, o lo ha sabotato nei corridoi.
Anche per questo, un congresso straordinario oggi è una scelta irrinunciabile, per ridefinire il progetto e scegliere un nuovo leader, finalmente in una competizione a viso aperto e a tutto campo. Altre vie d’uscita da questo vicolo cieco non ce ne sono.
L’errore più drammatico, per il Pd, sarebbe quello di tirare a campare all’insegna, ancora una volta, di un falso unanimismo. O peggio ancora, quello di tornare indietro, di rinunciare all’idea del partito unico e di tornare alla vecchia distinzione Ds-Margherita.
Sarebbe un dramma, non solo per i destini del centrosinistra ma per il futuro del bipolarismo italiano. (Beh, buona giornata).