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Il G7 di Roma visto da Carlo Azeglio Ciampi.

di CARLO AZEGLIO CIAMPI da ilmessaggero.it

La nuova Bretton Woods è diventata un obiettivo, ora dobbiamo operare perché diventi un risultato. Quello che avevamo richiesto in tempi non sospetti, dalle colonne di questo giornale (mercoledì 17 settembre 2008), è stato riconosciuto dal vertice dei 7 Grandi riunitosi a Roma come una priorità che «s’ha da fare» e lo constatiamo con soddisfazione. Siamo all’inizio del lavoro, il cammino sarà lungo. Intanto, però, cerchiamo elementi che suscitino fiducia guardando negli occhi la realtà; perché è lì che si troverà il punto di appoggio per costruire il nuovo mondo e creare quegli elementi di positività che contribuiscono a rispondere alla parte più contingente della crisi riattivando un processo di crescita, a partire dall’Europa.

Per cominciare davvero con il piede giusto, occorre imporsi preliminarmente un esame critico di quello che è successo. Questo è l’antefatto decisivo per costruire il nuovo ordine mondiale. Tenere conto degli errori commessi perché non vengano ripetuti nel cammino intrapreso. Per confermare a se stessi la necessità di nuove regole, ma prima ancora approfondire le vecchie con una valutazione attenta e rigorosa. Erano insufficienti o sbagliate? O, magari, sono state solo male applicate?

Dalla risposta a queste domande, si potrà capire perché il mondo è incorso in quello che è successo e si prenderà coscienza dei fenomeni più gravi che sono almeno tre.

Iniziamo dalle politiche economiche cinesi. Hanno dato una spinta al mondo, ma hanno commesso l’errore di tenere legata troppo a lungo la loro moneta al dollaro contribuendo, in questo modo, ad alimentare gli eccessi americani. Sarà un puro caso, ma ho voluto terminare il mio settennato da Capo dello Stato, tra l’autunno del 2005 e la primavera del 2006, facendo viaggi di lavoro in Cina, India e Turchia. Missioni condotte con un modello organizzativo del tutto nuovo, mettendo in contatto tra di loro centinaia di imprenditori italiani e uomini delle istituzioni e delle imprese di quei Paesi, proprio perché sentivo che il nuovo mondo partiva da lì. Mi sono venuti in mente in questi giorni i miei colloqui con il presidente della Repubblica cinese, seduti intorno allo stesso tavolo, in mezzo solo l’interprete, nei quali mi permettevo di dare qualche, piccolo suggerimento: state attenti, non investite tutte le vostre riserve in dollari, investite in euro o nello yen, fate meno attenzione alla crescita e più attenzione alla distribuzione del reddito per attenuare le diseguaglianze interne tra aree con redditi americani e campagne che sopravvivono con economie di trent’anni fa. Come dire: avete Shangai, ma anche lande di povertà che sono quelle che sono, ricordatevelo. Queste cose, questi errori, poi vengono a galla ed è positivo che oggi la Cina cresca al 6 e non al 10%. Quello che è successo oggi, con la crisi globale, è anche la conseguenza di questo andamento poco regolato del mondo.

Occupiamoci ora delle numerose banche in difficoltà, a partire da quelle americane e inglesi. La loro, tanto per essere chiari, è una crisi di liquidità o una crisi di mala gestione? Perché nel primo caso aiutarle è dovuto e giusto, nel secondo invece bisogna essere contrari al salvataggio senza fallimento delle banche mal condotte. Se si è in presenza davvero dei frutti di una cattiva gestione, bisogna operare così: salvaguardare i depositanti, ma non l’azienda management e azionisti e discernere con oculatezza tra quello che c’è di sano e quello che è stato distrutto scovando tra le macerie della banca che va in dissoluzione. Non si salva la cattiva banca, piuttosto se ne fa una nuova con quello di buono che ancora c’era. Obama ha l’opportunità di fare uscire l’America migliorata da questa colossale crisi finanziaria, ma deve guardare in faccia la realtà, fare tesoro degli errori del passato. Mi auguro che il suo piano monstre sia ben gestito, l’esito finale è tutto da vedere.

Infine, l’Europa. Ha un’occasione irripetibile per fare una volta per tutte quell’Unione europea che ancora non c’è, per ritrovare uno slancio nuovo, per fare le cose. Che bel segnale sarebbe stato se si fosse assunta un’iniziativa europea per salvaguardare i redditi bassi e dare sussidi alla disoccupazione! Un’iniziativa presa a livello europeo trasferisce, di per sé, un messaggio di sicurezza e di fiducia, la coesione europea fatta di gesti e di atti conclusivi incorpora un quid che è un valore in più. Ecco il merito di chi volle l’euro, in quella moneta unica c’era incorporata una plusvalenza forte. Anche oggi, a parità di intervento, dovendo fare i conti con la crisi globale, le soluzioni europee hanno un quid in più. Non dimentichiamocelo mai.

Qualcuno potrà pensare che l’abbiamo presa lunga, ma stiamo parlando della nuova Bretton Woods. Non si può costruire un mondo nuovo se non si riconoscono prima gli errori del mondo vecchio. Non c’è altra via per non ripeterli. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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