La risposta del social network alla recente legge che permette al nostro governo di bloccare qualunque sito a proprio piacimento.
Bloccare l’accesso a tutto Facebook per colpa della presenza di alcuni gruppi discutibili è come chiudere un’intera rete ferroviaria a causa della presenza di alcuni graffiti offensivi in una singola stazione: così Facebook risponde alla proposta censoria avanzata dal governo italiano.
Il problema era nato a seguito della scoperta di alcuni gruppi inneggianti a criminali riconosciuti, da Riina agli stupratori di Guidonia. La soluzione? Mettere il bavaglio a Internet, incuranti di quanti usano lo stesso strumento per fini più che leciti.
I provider, naturalmente, avrebbero dovuto essere lo strumento della censura, applicando i filtri secondo le disposizioni del Ministero dell’Interno, pena una multa salata.
Sembra che per quanti siedono a Roma Facebook sia il ricettacolo – almeno per adesso, fino alla prossima moda – di ogni malvagità. Qualcuno dovrebbe far loro notare, che il social network è complesso quanto il mondo reale, e che a fronte di 433 fan di Provenzano ce ne sono 369.463 di Falcone e Borsellino.
Il senatore Gianpiero D’Alia ha poi cercato di correggere il tiro: non tutto Facebook verrebbe bloccato, ma solo le pagine incriminate.
C’è da chiedersi se il senatore si sia mai chiesto quali difficoltà tecniche la cosa comporterebbe per i provider, i quali potrebbero essere costretti ad ammettere di non poter fare quanto richiesto.
Più passa il tempo, più sembra che i nostri governanti non sappiano che cosa sia Internet né come funzioni. (Beh, buona giornata).