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3DNews/LA BIBBIA DELLO SPECULATORE FINANZIARIO.

LA BIBBIA DELLO SPECULATORE FINANZIARIO
Wall Strett dixit
citazioni dal film di Oliver Stone

Il futuro è ieri, tra cinque minuti storia… alle quattro sarò un dinosauro!

Il più ricco 1% del paese possiede metà della ricchezza del paese, 5 trilioni di dollari. Un terzo di questi viene dal duro lavoro, 2/3 dai beni ereditati, interessi sugli interessi accumulati da vedove e figli idioti, e dal mio lavoro, la speculazione mobiliare-immobiliare. È una stronzata, c’è il 90% degli americani là fuori che è nullatenente o quasi. Io non creo niente, io posseggo.

Informazioni, non m’importa come, non m’importa dove le ottieni… ottienile… tu mi devi stupire!

Tutto in guerra si basa sull’inganno: se il tuo nemico è superiore eludilo, se è irato irritalo, se è di pari forza lotta, altrimenti sparisci e riconsidera.

Il denaro c’è ma non si vede: qualcuno vince, qualcuno perde. Il denaro di per sé non si crea né si distrugge. Semplicemente si trasferisce da una intuizione ad un’altra, magicamente.

Il denaro non dorme mai.

lo sono in questo business dal ’69. I più di questi laureati di Harvard non valgono un ca**o. Serve gente povera, furba e affamata, senza sentimenti. A volte vinci, a volte perdi, ma continui a combattere. E se vuoi un amico, prendi un cane.

È tutta una questione di soldi, il resto è conversazione.

Noi facciamo le regole: le notizie, le guerre, la pace, le carestie, le sommosse, il prezzo di uno spillo. Tiriamo fuori conigli dal cilindro mentre gli altri, seduti, si domandano come accidenti abbiamo fatto. Non sarai tanto ingenuo da credere che noi viviamo in una democrazia: vero, Buddy? È il libero mercato, e tu ne fai parte: sì, hai quell’istinto del killer…

°Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.

(Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro

La crisi greca è solo la miccia accesa di un bomba nel sistema economico globale.

L’innesco di una crisi sistemica, di Pino Cabras – Megachip.

Con il precipitare della crisi greca si confermano le analisi di chi non era compromesso con la propaganda o con i pii desideri. La crisi si colloca nel solco di una crisi molto più vasta, una crisi sistemica. Si poteva comprendere da subito. Chi ha causato la crisi, ossia il sistema bancario ombra, punta ancora ai soliti suoi superprofitti, soverchiando i poteri collocati più alla luce del sole.

I giganti della speculazione di Wall Street sanno che il dollaro, l’architrave della finanza mondiale, dovrà cedere, perché allo stato è impossibile rifinanziare la valanga di titoli del debito pubblico statunitense che verrà a scadere fra pochi mesi. Perciò va fatta crollare l’alternativa monetaria disponibile, l’euro, e creare un bisogno forzoso ed estremo di dollari.

Nel frattempo, con i meccanismi delle “profezie che si autoadempiono”, da loro dominati attraverso spaventose entità criminali (le agenzie di rating), gli speculatori decidono i tempi e i modi dei crolli, su cui hanno scommesso montagne di soldi con la certezza – a breve – di vincere.

Lo schema somiglia al crollo del 2008-2009. Allora affossavano le banche, che sapevano gravate di scommesse impossibili su debitori insolventi. Ora affossano gli stati sovrani, che sanno esposti verso trucchi creati dagli stessi speculatori e verso piramidi di debiti fuori controllo. Ecco Standard & Poor’s , Moody’s e Fitch a decidere ancora quando un titolo deve andare all’inferno.

Se ne fregano di avere una pessima reputazione e di non essere attendibili agli occhi di chi usa la ragione per valutare la loro “oggettività” nelle valutazioni. I meccanismi legali sono inesorabilmente dalla loro parte. La Banca Centrale europea non può acquistare i bond spagnoli o greci se il loro rating non raggiunge una certa soglia. Così, chi decide il rating può decidere quando e come far cadere i pezzi di un sistema. Stati interi.

E questo gioco da padroni dell’universo è condotto dagli speculatori non solo a dispetto di ciò che abbiamo chiamato reputazione, ma perfino nonostante le inchieste del Congresso, della Sec e della Fed. Così, per capire quali sono i veri “poteri forti”.

L’annuncio delle facce di bronzo di Goldman Sachs e JP Morgan Chase è che non si parla più di 45 miliardi di euro per salvare Atene, ma di almeno 600 miliardi di euro per salvare il “Club Med” dell’euro. Una cifra superiore a quanto dissanguò le casse Usa per impedire il collasso totale nel 2008, quando i contribuenti furono salassati per 700 miliardi di dollari, una parte dei quali allegramente finiti nei bonus dei “Masters of Universe”.

Con l’uso di titoli derivati “credit default swaps” (Cds), la speculazione anziché assicurarsi contro la bancarotta (problema di medio termine), vi ci punta direttamente per guadagnarci subito, creando contagio finanziario, di cui non avverte la minima responsabilità. Nella sua ottica, questi al momento saranno problemi insolubili delle banche europee.

Lo ricorda Federico Rampini su «la Repubblica» del 29 aprile 2010: «Un’inchiesta del Department of Justice accusa i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Grenlight, Sac capital) di aver concordato un attacco simultaneo all’euro, in una cena segreta l’8 febbraio a Wall Street. Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell’euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Con Goldman Sachs e Barclays in buona vista nelle cronache su quelle grandi manovre.»

La grande finanza anglosassone sta decidendo che gli europei saranno divisi in nordici e sudici. Noi sudici a ciucciarci il default, da subito.

In realtà anche la Gran Bretagna è seduta su una voragine di debiti e bugie contabili, che si rinvia il più possibile, almeno a dopo le elezioni politiche.

E sullo sfondo, irrisolvibile con gli strumenti ordinari, c’è il nodo più grosso, gli USA.

Tanti Stati, non solo i PIGS mediterranei, per coprire i debiti e le scadenze, avranno scelte estremamente costose da fare: aumentare le imposte, scatenare l’inflazione per ridurre il peso del debito, altrimenti fare bancarotta. Quel che è peggio, queste situazioni possono addirittura arrivare in contemporanea, anche negli Stati Uniti.

La politica sarà investita naturalmente da tensioni e novità di enorme portata, che spazzeranno via interi sistemi.
(Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Leggi e diritto

La nube dell’Islanda è niente di fronte al botto della Goldman Sachs.

La Sec accusa Goldman Sachs di frode sui mutui subprime-blitzquotidiano.it

La Sec ha accusato Goldman Sachs di frode nella strutturazione e vendita di derivati legati a mutui subprime. Secondo l’autorità del mercato azionario Usa, Goldman ha defraudato gli investitori, omettendo o rappresentando in modo non corretto alcuni fatti chiave, quando il mercato immobiliare Usa stava cominciando a perdere colpi.

L’azione legale avviata della Sec prende le mosse dalle accuse a Goldman Sachs e a uno dei suoi vice presidenti di aver frodato gli investitori attraverso dichiarazioni non esatte e omissioni in merito a prodotti finanziari legati ai subprime, quali i cdo Abacus che hanno portato gli investitori a perdere 1 miliardo di dollari.

Il vice presidente di Goldman nel mirino delle autorità è Fabrice Tourre. Lo strumento creato da Goldman nei confronti del quale la Sec punta il dito è chiamato Abacus 2007-AC1, ed è uno dei 25 creati da Goldman per consentire alla stessa banca e ad alcuni selezionati clienti di scommettere contro il mercato immobiliare. In base alla documentazione presentata dalla Sec, Goldman ha creato Abacus 2007-AC1 nel febbraio 2007 su richiesta di John A. Paulson, manager di hedge fund che nel 2007 ha guadagnato circa 3,7 miliardi di dollari.

L’iniziativa della Sec rappresenta il primo caso in cui le autorità agiscono nei confronti di un prodotto messo a punto da Wall Street e che ha aiutato alcuni investitori a capitalizzare sul colalsso del mercato immobiliare.

E come conseguenza della notizia, Goldman Sachs affonda in Borsa dove arriva a cedere il 12,40%, appesantendo l’intero settore bancario. Bank of America e Citigroup perdono intorno al 4%, Morgan Stanley il 5. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Popoli e politiche

Crisi globale: “Il lavoro da fare in questa direzione sarà davvero durissimo, perché in questi mesi il mondo sta davvero cambiando e nessuno sarà comunque disposto a cerderci il passo.”

La ripresa verrà, ma nulla sarà come prima

di Romano Prodi- da Il Messaggero del 19 aprile 2009

Se si ragiona sui freddi dati bisogna necessariamente constatare che l’economia mondiale è ancora in recessione. Il suo tasso di sviluppo è ancora negativo, il commercio globale mostra anch’esso il segno meno e l’unico dato col segno positivo è purtroppo quello della disoccupazione.

Eppure, anche se ancora piove a dirotto, non si possono trascurare alcuni segnali che possono fare pensare che la grande crisi, anche se ancora lungi dall’essere risolta, stia entrando in una fase di minore turbolenza.

Il primo segnale è puramente politico. Pur non avendo preso nessuna decisione straordinaria, la riunione dei G20 tenuta a Londra all’inizio di Aprile, ha dimostrato che nel mondo si è ricostituito un possibile nucleo di comando. Il fatto che attorno allo stesso tavolo fossero seduti gli Stati Uniti, la Cina e, seppure in modo più defilato, l’Unione Europea, ha mandato a tutti il messaggio che si sta ricostituendo la struttura di comando di cui vi era assolutamente bisogno. Da una crisi anarchica stiamo cioè passando ad un mondo in qualche modo governato.
Anche all’interno delle grandi aree economiche mondiali la paura sta lentamente diminuendo, lasciando, di fronte ad azioni in grado di poterla contrastare.

L’area che sembra essere più avanti in quest’azione di contrasto è certamente la Cina dove le centinaia di miliardi di dollari di potere d’acquisto iniettate nel sistema economico durante gli ultimi mesi, stanno dando i primi frutti, che si sono tradotti in un sostanzioso aumento della produzione industriale e degli ordinativi delle imprese.

Il secondo messaggio (non così positivo ma almeno di minore pessimismo) arriva dagli Stati Uniti, dove gli ultimi dati di alcune grandi realtà economiche, come Citigroup e General Electric, sono meno negativi delle previsioni. La fiducia dei consumatori non potrà riprendersi in modo stabile se gli americani non verranno liberati dalle tre grandi paure da cui sono ancora afflitti , e cioè la paura di perdere le case in conseguenza delle ipoteche non pagate, di vedere i propri fondi pensione decurtati dalla crisi finanziaria e, infine la paura di ammalarsi da parte dei 50 milioni di cittadini che non sono ancora coperti da alcun tipo di assicurazione contro le malattie.

Per tutti questi motivi, e non solo per l’iniezione di capitale pubblico nelle banche, è diventato ormai un luogo comune ripetere che l’uscita dall’emergenza economica passa più dalla Casa Bianca che non da Wall Street. Tale uscita, infatti, deve essere forzatamente accompagnata dalla messa in atto di quella grande innovazione sociale che stava alla base del programma elettorale di Obama.

Più pallidi sono i segnali provenienti dall’Europa, sia per la mancanza di una politica comune a livello continentale, sia per la divergenza delle situazioni dei singoli Paesi europei. Tuttavia non possiamo trascurare il fatto che la caduta si sia molto rallentata anche da noi e che in alcuni settori, come quello dell’automobile, le politiche di incoraggiamento alla domanda abbiano dato frutti certamente incoraggianti e, in ogni modo, assai più positivi rispetto alle previsioni.

Naturalmente quest’elenco di dati meno catastrofici rispetto a qualche settimana fa non ci deve fare dimenticare che non solo il reddito e la produzione ma anche gli ordini alle imprese e i dati sull’occupazione continuano a manifestare un segno pesantemente negativo, anche se meno negativo di un mese fa.

Queste considerazioni però sono sufficienti per dirci che la ripresa nel mondo verrà. Probabilmente dopo l’estate ma verrà. Ma verrà con una radicale redistribuzione del potere fra i diversi Paesi e le diverse classi sociali. Credo perciò che dovremmo impiegare i prossimi mesi non tanto a fare previsioni, quanto invece a preparare le nostre imprese e la nostra società a svolgere un ruolo da protagonista in questo nuovo mondo. Il lavoro da fare in questa direzione sarà davvero durissimo, perché in questi mesi il mondo sta davvero cambiando e nessuno sarà comunque disposto a cerderci il passo. Il posto nel mondo ce lo dovremo conquistare noi.

Prepariamoci quindi a pensare a cosa dovremo fare per conquistarlo. (Beh, buona giornata).

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