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La quarta crisi: sciopero delle maestranze Mediaset, ma nessuno lo dice.

Mediaset in sciopero bella notizia (oscurata)-il manifesto.it

Udite udite. E diffondete. Forse è l’unico modo per permettere a questa notizia di raggiungere più orecchie possibile: i lavoratori di Mediaset sono in sciopero. Difendono i loro salari e chiedono che vengano ripristinate le “normali relazioni sindacali”. Ma oggi devono prima di tutto lottare contro il silenzio. La loro astensione dal lavoro, infatti, sembra non interessare a nessuno.

Di loro non parlano neanche le agenzie di stampa. Paradossale ma vero: accade “qualcosa” – qualcosa di inedito, c’è da dire – nella più grande azienda di comunicazione italiana, e i protagonisti faticano a bucare lo schermo. Ma tant’è, a Berluscolandia.
I fatti: Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi uno sciopero dei lavoratori della Videotime di Roma. La Videotime è la società licenziataria di Mediaset-Rti che lavora nei centri di produzione “Palatino” e “Elios”. Qui vengono registrati programmi molto seguiti: dal Tg5 a Matrix a Forum. I lavoratori della Videotime si occupano anche del programma “Uomini e Donne” di Maria De Filippi, che però viene registrato a Cinecittà. Si tratta dei tecnici, della parte di produzione, dei parrucchieri, dei truccatori, dei sarti. Insomma, di tutto il personale che serve per mettere in piedi un programma.

Ebbene, dall’anno scorso sono tempi di magra. Mediaset dice di essere in crisi (ricavi netti nell’anno 2008: +9%, utile netto: +14,3%) e per questo stringe la cinghia: niente più diaria per gli esterni, fermi i passaggi di livello, diminuzione dei premi di produzione, azzeramento della politica retributiva. Questo è quanto denunciano i sindacati: “Un esempio – spiega Roberto Crescentini, delegato fistel-Cisl della Rsu di Videotime – sabato registriamo Matrix. I lavoratori hanno chiesto di lavorare in straordinario. Ma l’azienda ha chiesto ai parrucchieri solo quattro ore di lavoro, e non sette. Alla domanda: perché? La risposta è stata: l’azienda è in crisi. Figurarsi – dice Crescentini – noi siamo i primi a non voler affossare l’azienda e a capire che è in corso una grave crisi economica e finanziaria. Ma Mediaset è in crisi?”. La domanda è pertinente, visto che, racconta Crescentini: “Alla puntata di Forum in cui era ospite Barbara D’Urso, Mediaset ha pagato un parrucchiere 1.300 euro. Come anche viene pagato tutti i giorni un parrucchiere per la conduttrice Rita Dalla Chiesa, ad un prezzo che ci pare esorbitante, visto il momento: 700 euro”. Insomma, dicono i lavoratori, se bisogna fare sacrifici che li facciano tutti.

Secondo il dato dei sidnacati lo sciopero è andato benissimo: l’adesione ha sfiorato il tetto del 95%. Ultima chicca: il Comitato di redazione del Tg5 ha inviato un comunicato di solidarietà ai lavoratori di Videotime. Il comunicato, a quanto pare, doveva essere letto durante l’edizione odierna. Ma è stato stoppato. Ci sono notizie più importanti. (Beh, buona giornata).

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La quarta crisi: il sistema televisivo italiano alla prese con vecchi problemi, ma di fronte a una crisi inedita.

Raiset* e il pluralismo. Una partita persa di Giuseppe Giulietti-blitzquotidiano.it

Esiste davvero un polo Raiset? Secondo alcuni commentatori no, anzi il conflitto di interessi è solo una invenzione di spiriti malevoli, accecati da un livore tardo comunista. Per convalidare questa tesi non si esita, ma guarda un po’, a rispolverare la teoria del complotto e a liquidare con disprezzo chiunque osi mettere in discussione un dogma che sembra essere più solido di quello trinitario che, almeno per i credenti, dovrebbe essere oggetto di culto e di venerazione.

Nella lista degli eretici che non vogliono inginocchiarsi di fronte al nuovo idolo sono così finiti il parlamento europeo, la commissione europea, la federazione internazionale degli editori e dei giornalisti, i costituzionalisti quasi tutti e da ultimo la grande agenzia americana Freedom house che ha retrocesso l’Italia tra i paesi semiliberi perché a quei signori sembra strano che un presidente del consiglio di un qualsiasi staterello del globo possa controllare in modo diretto o indiretto le principali reti televisive.
Quelli di Freedom House, per altro, sono talmente sinistrorsi che, giustamente, hanno cacciato all’inferno e agli ultimi posti della classifica i paesi a regime comunista a cominciare da Cuba e dalla Cina.

L’elenco degli infedeli si arricchisce da oggi di un inaspettato nuovo ospite: l’autorità di garanzia delle comunicazioni e il suo osservatorio incaricato di rilevare il pluralismo dei soggetti politici nei tg nazionali pubblici e privati.

Da qualche giorno sul sito dell’autorità sono comparsi i dati relativi al mese di aprile. La loro lettura è di difficile comprensione, ma non occorre essere un genio della statistica per rilevare come il presidente del consiglio da solo sbaragli il campo. Tutto effetto del terremoto che ha alterato i valori precedenti? Neppure per sogno, anzi l’osservatorio ha addirittura scorporato i dati relativi al sisma per non alterare la rilevazione. Nonostante questo il risultato non cambia, il mese di aprile conferma il trend del mese di marzo, per la prima volta non viene rispettata neppure la regola non scritta che prevedeva l’assegnazione di tempi paritari tra governo, maggioranza e opposizione.

Per non lasciarci prendere la mano dalla propaganda abbiamo chiesto ad un tecnico che ha collaborato alla elaborazione di dati di fornirci una scheda di lettura. Ve la proponiamo in esclusiva per Blitz:
Osservazioni sul monitoraggio politico aprile 2009
Premessa
Nel monitoraggio vengono rilevati:
Tempo di notizia: indica il tempo dedicato dal giornalista all’illustrazione di un argomento/evento in relazione ad un soggetto politico/istituzionale.
Tempo di parola: indica il tempo in cui il soggetto politico/istituzionale parla direttamente in voce.
Tempo di antenna: indica il tempo complessivamente dedicato al soggetto politico-istituzionale ed è dato dalla somma del “tempo di notizia” e del “tempo di parola” del soggetto.
Le analisi sono state dunque svolte sul tempo di antenna ritenuto maggiormente rappresentativo dello spazio dedicato alla forza politica.
Con riferimento alle rilevazioni di aprile l’avvenimento del sisma in Abruzzo (avvenuto in data 6 aprile 2009) ha determinato una polarizzazione dell’informazione televisiva sull’evento, di carattere eccezionale.
Il confronto con i dati di marzo dimostra però che tale evento non ha influenzato in modo significativo la distribuzione delle percentuali di tempo di antenna attribuite ai vari soggetti (che già nel mese di marzo risultavano particolarmente squilibrate), ma probabilmente ha inciso sul tempo complessivo dedicato dai tg ai soggetti politico/istituzionale (anche se tale aspetto non è colto dal monitoraggio).

Osservazioni
In generale emerge con chiarezza uno squilibrio a favore della maggioranza in tutte le reti (con l’eccezione del tg3) con l’evidenza di alcuni aspetti peculiari:

* il Tg4 nel mese di aprile ha dedicato alla maggioranza olte l’80% del tempo concentrandosi su governo e presidente del consiglio per oltre il 75%;
* il Tg5 nella seconda quindicina di aprile ha dedicato alla maggioranza oltre il 50% del tempo, ed all’opposizione il 30% rispetto ad uno storico del 15-20%. Emerge però che l’aumento a favore dell’opposizione è dovuto alla crescita dello spazio dedicato alle forze politiche minori;
* Studio aperto registra già dal mese di marzo rilevanti percentuali a favore della maggioranza/governo, riequilibrando un po’ solo nella seconda quindicina di aprile (da un tempo medio del 73% alla maggioranza si è passati al 56%);
* Il Tg2 e La7 anche nella seconda quindicina di aprile mantengono un forte squilibrio a favore del governo (45% nel tg2 e 47% nel tg di La7);
* Il Tg1 mantiene costantemente oltre il 50% alla maggioranza e circa il 25-30% all’opposizione.
* Il Tg3 appare la testata più equilibrata con il 40% per maggioranza/governo e 37% per l’opposizione.

Cosa altro aggiungere? Sarà una casualità ma il presidente vola nelle e sulle reti di sua proprietà, in taluni casi addirittura si configura una violazione persino della debolissima legge sul conflitto di interessi che configura come causa di infrazione grave un sostegno continuato e privilegiato ad una forza politica o a un singolo soggetto. In questo caso dovrebbe essere la medesima autorità a intervenire. Per ora nulla è accaduto.
La situazione non migliora neppure in casa Rai,con l’eccezione del Tg3, una situazione analoga si rileva anche La 7.
La scheda tecnica segnala che tale tendenza si sta consolidando e che i dati del terremoto l’hanno solo resa più evidente.
È del tutto evidente che, almeno dal punto di vista quantitativo, sia giusto ipotizzare il prossimo ulteriore consolidamento di un polo Raiset con tutte le conseguenze immaginabili sul piano del pluralismo politico ma anche su quello non meno delicato del pluralismo industriale e della libertà dei mercati di riferimento.

Quello che sorprende maggiormente, infine , è la quasi olimpica serenità, con la quale la pubblicazione dei dati è stata accolta dai diversi attori politici. La serenità di Berlusconi e dei suoi amici trova conforto nei dati, quella dei suoi avversari molto meno.
A proposito: il conflitto di interessi non esiste e comunque non incide minimamente sulle modalità della rappresentazione televisiva, chi osa dire il contrario sia messo al rogo come accadeva agli eretici e alle streghe ai bei tempi della santa inquisizione…(Beh buona giornata).

(* acronimo giornalistico che sta per Rai e Mediaset)

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