(fonte: AGI).
Un migliaio di cittadini dell’Aquila hanno manifestato forzando la zona rossa del centro storico e appendendo le chiavi dei propri appartamenti che devono ancora essere ristrutturati. Questa la protesta simbolica per la ricostruzione del centro storico del capoluogo abruzzese, fortemente danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009 . Beh, buona giornata.
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Decreto terremoto, la rabbia dei sindaci:
«Pochi soldi e scarse garanzie»
Riunione con la Provincia dei 38 primi cittadini del “cratere” di Antonio Di Muzio-ilmessaggero.it
L’AQUILA (3 maggio) – «Sul decreto del governo vogliamo vedere indicati nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L’Aquila va ricostruita dov’era e com’era. Così non sarà se si impiegano 30 anni per riedificare il cuore della città e dei borghi». A leggere il Dl si parla di dilatazione dei tempi fino al 2033. «Una data ridicola – aggiunge – che potranno godersi i nostri figli se non i loro figli. Per quel tempo il tessuto sociale ed economico sarà ampiamente stravolto». Così Stefania Pezzopane si è espressa nella riunione dei 38 sindaci del “cratere”, convocata ieri dalla Provincia nella Scuola della Finanza di Coppito. Una riunione accesissima, che ha visto d’accordo sugli stessi punti tutti i partecipanti di ogni parte politica. Insieme si sono individuati gli emendamenti da apportare in tempi strettissimi, prima che il decreto venga convertito in legge. Martedì, infatti, è già convocata la Commissione Ambiente del Senato per la discussione.
Secondo i sindaci, i tre punti da emendare sono: l’accentramento dei poteri nelle mani del governo centrale che opera tramite commissario, sentiti gli enti locali. Questa dicitura dovrà trasformarsi d’intesa con gli enti locali. «Perché così è stato per Marche, Umbria e Friuli, in cui il territorio ha disegnato il suo destino secondo le competenze di ciascun ente, senza espropri dall’alto. Basti pensare che a Nocera Umbra sono state di recente consegnate le ultime abitazioni. Sono trascorsi 12 anni. Questi sono i tempi e non è pensabile che un processo così lungo rimanga fuori dal controllo degli enti locali».
Anche sulla ricostruzione delle abitazioni private «gli abruzzesi vanno trattati come gli umbri, i marchigiani e i friulani che hanno avuto una copertura del 100% del costo base delle case, anche delle seconde case e, quando di pregio storico, persino delle terze. Di questi finanziamenti non c’è traccia nel decreto, mentre si puntano tutte le risorse sulle case di transizione, che pure vanno bene purché non diventino l’unico investimento».
Preoccupa, infine, l’opzione di cedere l’immobile alla Fintecna, società «che può figliare altri soggetti locali». Chi non riuscirà a ricostruire con il massimale di 150 mila euro, e questo accadrà in moltissimi casi, potrà cedere l’immobile e il mutuo a questa mega immobiliare «che diventerà padrona assoluta del centro storico, con conseguenze speculative immaginabili: rischiamo di avere o ruderi come a Rocca Calascio oppure Disneyland».
Per domani inoltre è convocato un incontro con i settori produttivi, in cui serpeggia altrettanto malcontento per i finanziamenti alle imprese. Anche qui, saranno proposti emendamenti alle insufficienze del decreto. Gli emendamenti discussi ieri sono stati affidati al senatore Luigi Lusi e all’onorevole Giovani Lolli, presenti all’incontro, per essere messi a punto e trasferiti in Parlamento per la discussione. Anche l’onorevole Maurizio Scelli, pur non partecipando direttamente, ha dato la sua adesione all’iniziativa. Il Presidente Pezzopane ha auspicato «che tutti i parlamentari abruzzesi partecipino a questa battaglia in difesa del nostro patrimonio e dei diritti di tutti i cittadini senza più casa, lavoro e città». (Beh, buona giornata).