Disservizi, ritardi, organici largamente insufficienti. Ma «conti migliori del previsto».
Intervista a Paolo Maras (segretario SdL) «Il peggio deve ancora venire: Cai è un modello contro i diritti del lavoro» di Francesco Piccioni-Il Manifesto
Ritardi, manutenzione incerta, disservizi, carenza di organico. Alitalia torna in prima pagina, ma con i conti – spiega il socio di riferimento, Jean-Cyril Spinetta, presidente di air France – «al di sopra delle attese». Ne parliamo con Paolo Maras, segretario nazionale dell’SdL- trasporto aereo, steward ora in cassa integrazione.
Quanti problemi ha la «nuova» Alitalia?
Che si faccia il bilancio dei primi 100 giorni è doveroso, ma era già noto che i problemi principali – ritardi, inefficienze, organici e condizioni del lavoro – fossero irrisolti. Non a caso avevamo sempre detto che attraverso questa operazione non passa solo la trasformazione da Alitalia a Cai, ma un treno micidiale addosso a diritti, conquiste, condizioni di lavoro. E anche una visione diversa da quella di una compagnia di bandiera, che presuppone comunque un interesse dello Stato nel garantire servizi ai cittadini. Oggi vediamo anche Formigoni e Castelli strapparsi i capelli per Malpensa, dove non funzione più nulla e i passeggeri rimangono a terra. Certo, se gli organici sono insufficienti, sia a bordo che a terra, succede questo.
Eppure si era detto che si voleva creare una compagnia grande, forte e «italiana».
Fin dall’inizio l’obiettivo era di tenere bassissimi i costi e il personale ridotto all’osso, confezionando un pacchetto appetibile per il migliore offerente. Che in Cai sappiamo essere «mister 25%», ovvero Air France. Che ora dice – traduco – «come fate a ottenere risultati superiori alle aspettative»? In Francia sequestrano i manager, qui avete distrutto sindacato e lavoratori e nessuno dice niente…
Previsioni fosche per i vostri colleghi francesi…
Appunto. In secondo luogo, Spinetta ha sollevato la politica italiana e il governo (quello che diceva «ai francesi, mai») da ogni responsabilità per la cattiva gestione precedente alla vendita. L’unico «colpevole» è stato trovato nel sindacato. Tutti, senza eccezione. Noi siamo convinti che il peggio debba ancora arrivare. Il «problema Alitalia» non c’è più, come la monnezza napoletana. Ma se si pensa che deve ancora la fusione effettiva tra le cinque aziende che compongono oggi la nuova Alitalia, è facile prevedere nuovi «esuberi» causati da queste sinergie.
Ma se già ora nell’«operativo» gli addetti sono pochi…
Se una macchina che ha bisogno di quattro assistenti di volo la fai partire con soltanto due, la legge della «sinergia » funziona anche in quel caso. I numeri delle assunzioni fatte sono fortemente squilibrati rispetto agli stessi impegni iniziali. Gli assistenti di volo – a quattro mesi dalla partenza – sono sotto organico di oltre 400 unità. Si parla ora di 190 assunzioni, che non coprono le necessità.
Le politiche del trasporto dipendono sempre più dalle scelte europee. Come si fa a tenere il punto del conflitto senza una qualche sponda politica?
La vicenda Alitalia è andata come è andata proprio perché c’è una desertificazione della politica. C’è necessità di riportare competenze vere, non ideologiche – insomma esperienze vissute, «sapere di che si parla» – dentro certe istituzioni. Per esempio, credo che la scelta di Andrea Cavola, mio compagno di lotte per oltre 20 anni – di candidarsi come indipendente con Rifondazione, sia assolutamente giusta. La sensazione di questi anni è che non importa quanto tu abbia ragione, quanti lavoratori hai dietro; tutto il sistema – anche l’informazione, con poche eccezioni – si muove a tutela degli interessi del «grande capitale ». Basta vedere il ruolo politico-mediatico del ministro Matteoli: di scioperi nel trasporto non si parla più, nemmeno a livello di annuncio, perché ogni giornalista sa che tanto lui li vieta sempre, con la precettazione. (Beh, buona giornata).